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uno sguardo d'insieme - CSV Marche

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Centro di Servizio per il Volontariato – Associazione Volontariato <strong>Marche</strong><br />

cerchiamo di partecipare ai momenti informativi che il <strong>CSV</strong> promuove con le altre associazioni,<br />

momenti ricreativi, cene anche per vedersi in faccia e così. Cerchiamo di fare molta attenzione<br />

alle piccole cose (…) ci parliamo di persona, tendiamo ad accompagnare molto il volontario da<br />

questo punto di vista. Questo è quello che facciamo e penso vada bene.” (intervista 17, Marina,<br />

24 anni)<br />

Ma il volontariato non è un semplice tempo che dedichi a qualcosa, qualche giorno alla settimana. Se<br />

fatto con convincimento, il volontariato e l’associazione in cui gli individui si trovano ad operare<br />

sembra avere il potere di cambiare le vite dei singoli.<br />

“… L’associazione, se le dai tempo, ti aiuta a crescere, ma veramente. Ti insegna cose che<br />

diversamente non vedresti, ti mette in contatto con problemi che ignoreresti, ti presenta soluzioni<br />

e ti mette anche alla prova, perché in fin dei conti se tu tieni quella tessera, e a un certo punto<br />

non è che puoi predicare bene e razzolare male, no? Quindi, se ci credi, devi anche modificare il<br />

tuo stile di vita. Io, per la mia esperienza, devo dire che l’associazione me lo ha modificato molto,<br />

lo stile di vita, e vedo che chi la frequenta poi (…) comincia a pensarla in un certo modo (…) dai<br />

dei valori diversi alle cose, un valore diverso alla tua vita, quindi hai degli obiettivi diversi, è<br />

l’associazione che si infiltra dentro di te e ti aiuta a crescere, a selezionare, a capire quali sono le<br />

cose stupide, che se lasci perdere non ti succede niente, e quali sono invece le cose importanti per<br />

cui vale la pena combattere, però ci vuole tempo: cioè <strong>uno</strong> bisogna che dà il tempo<br />

all’associazione di farti crescere. Questo è lo stimolo che io do sempre ai soci: venite<br />

nell’associazione e date tempo all’associazione di farvi crescere.” (intervista 16, Virginia, 43<br />

anni)<br />

Sembra una sorta di compenetrazione vicendevole: il volontario che entra nell’associazione, con la<br />

sua complessità, il suo particolare punto di vista, le sue competenze e le sue mancanze. E<br />

l’associazione, che sembra coinvolgere il volontario in una rete di relazioni, di valori, di esperienze e<br />

di carenze, con le sue strutture decisionali e i suoi dirigenti, con i suoi volontari già attivi e con i suoi<br />

utenti. L’incontro di questi (e molti altri) fattori, crea ogni volta un equilibrio diverso. Ecco perché<br />

alcuni dirigenti preferiscono tenere un atteggiamento “morbido” nei confronti delle modalità con le<br />

quali le attività vengono svolte, seppur all’interno di un quadro minimo di riferimento. Perché anche<br />

questo, il crearsi un particolare e individuale modo di essere volontario, fa parte di una strategia di<br />

motivazione e ri-motivazione che i dirigenti attuano.<br />

“Metterlo nelle condizioni di fare il lavoro che vogliono fare come vogliono (…) io dico come<br />

vogliono all’interno di quelle che sono le regole che l’associazione comunque si dà, perché ci<br />

sono delle regole a cui in qualche modo bisogna sottostare. E… non sempre sono ben accette da<br />

tutti, e allora c’è una certa autonomia all’interno della classe per l’insegnamento, però<br />

un’autonomia che arriva fino ad un certo punto, perché ci sono delle regole precise (…) noi<br />

abbiamo fatto anche dei corsi di aggiornamento, questa è un’altra cosa, purtroppo a questi corsi<br />

di aggiornamento non tutti partecipano, però se si offre un servizio questo servizio deve essere<br />

qualificato.” (intervista 6, Caterina, 57 anni)<br />

C’è anche chi, come Michele, il problema se lo è posto ma non è riuscito a trovare una risposta.<br />

Forse, in questo caso, il divario che si è aperto con i volontari, specialmente quelli giovani, è troppo<br />

ampio e sembra non esserci strada se non la rassegnazione all’impotenza.<br />

“Non lo so; non so più che risposta dare. Perché si cerca di fare delle attività collaterali che<br />

siano anche di svago, qualcosina, qualche gita, qualche iniziativa anche in sede per i ragazzi.<br />

Però, forse, in passato funzionava di più, adesso ho l’impressione che non sia più così. Cosa si<br />

possa fare non lo so; è un problema che mi pongo ogni tanto ma non lo so.” (intervista 40,<br />

Michele, 60 anni)<br />

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