uno sguardo d'insieme - CSV Marche
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Seconda parte Volontariato e… motivazioni<br />
L’etica e la pratica: il valore del “fare”<br />
A tal proposito emerge, in alcune rappresentazioni, una visione critica del rapporto tra settore<br />
pubblico e volontariato. Gli intervistati esprimono l’idea che il volontariato ha come mission fare<br />
qualcosa di più del pubblico, arrivare dove questo non arriva, supportato da <strong>uno</strong> spirito diverso. Ma è<br />
il pubblico che deve garantire i livelli minimi di intervento e mettere in condizione i volontari di<br />
portare avanti il lavoro.<br />
Tuttavia nella loro visione il volontariato si trova di fatto a coprire dei buchi che altrimenti<br />
rimarrebbero scoperti se lasciati in mano alle sole azioni di intervento delle istituzioni. C’è, in<br />
definitiva, una consapevolezza piuttosto ampia delle problematiche e del ruolo che i soggetti<br />
istituzionali potrebbero avere, e a questo fine si fanno pressioni sul pubblico perché intervenga su<br />
determinati problemi.<br />
Il sociale, con le sue problematiche, si configura come il luogo dell’impegno e della testimonianza di<br />
ciò che si realizza concretamente, sul territorio, con l’affermazione di valori. Facendo proprio<br />
l’impegno civico, offrendo lavoro e tempo agli altri e alla comunità nel suo assieme.<br />
Ma la partecipazione sociale si configura, di fatto, come una modalità di far politica. Senza delega, in<br />
modo silenzioso e diffuso. All’obiettivo della gestione del potere o della influenza delle scelte viene<br />
ribadito il valore del fare. Facendosi carico della responsabilità di cittadino, in prima persona.<br />
E’ un’esperienza che cambia le persone, come dicono esplicitamente gli intervistati. Maturano<br />
prospettive, valutazioni e sensibilità nei confronti dei molteplici ambiti della società nei quali<br />
interviene il volontario: la città, il territorio, l’ambiente. Ma anche i servizi del welfare, il disagio, la<br />
solidarietà, le attività del tempo libero. In altre parole, con il volontariato matura il cittadino.<br />
Coltivare e dichiarare l’ambiguità<br />
Questa ricerca, come abbiamo cercato di mostrare in queste note introduttive, non intende dare<br />
risposte, né chiavi di lettura universali a un fenomeno, come il volontariato, che è sicuramente<br />
universale. Ma, al tempo stesso, si presenta strettamente legato alle esperienze personali di chi lo<br />
pratica e ai contesti in cui si realizza.<br />
Il volontariato: è patrimonio delle associazioni, delle persone, dei territori, delle istituzioni. Va, per<br />
questo, coltivato. Aiutato a crescere. Ma anche salvaguardato dalla sua “crescita” eccessiva.<br />
Valorizzato, perché alimenta spirito civico, altruismo, relazione fra le persone, con le istituzioni e con<br />
il mercato. Partecipazione politica. Ma anche calmierato, controllato (con l’osservazione e la<br />
testimonianza, evidentemente, non in modo normativo). Affinché non divenga soggetto politico,<br />
istituzione, impresa. Affinché non perda la sua ambivalenza, la sua caratteristica di crocevia. E<br />
smarrisca la sua capacità di coltivare la critica, oltre all’integrazione e al consenso.<br />
Questa ricerca, vuole essere un contributo in tal senso. Perché il primo modo per valorizzare la<br />
ricchezza di significati dell’esperienza volontaria è di riprodurla tutta, senza timore di enfatizzarne le<br />
diversità e i contrasti, le tensioni e le differenze. Per paura di spoetizzarla. Non bisogna nascondere<br />
l’ambiguità dell’esperienza volontaria. Meglio coltivarla, renderla evidente. Per poterla sfruttare e<br />
contrastare.<br />
Senza ambiguità…<br />
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