uno sguardo d'insieme - CSV Marche
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Seconda parte Volontariato e… motivazioni<br />
Inoltre, ci sembra rilevante sottolineare come la formazione di volontari e professionisti sia definita<br />
dal dirigente come pari. Con la complicazione, però, che i professionisti hanno un atteggiamento più<br />
distaccato verso l’associazione e un orario di lavoro definito.<br />
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“… Le figure retribuite in genere sono quelle più stronze, ma sono formati come i volontari, non<br />
c’è differenza. (…) Sono uguali e stanno qui solo la mattina.” (intervista 18, Mario, 33 anni)<br />
Il passaggio da volontario a dipendente, poi, sembra implicare, secondo il nostro intervistato, un vero<br />
e proprio cambio di atteggiamento.<br />
“Dal mio punto di vista, quando <strong>uno</strong> diventa dipendente cambia prospettiva, entra subito in<br />
conflitto con il volontario, gente che [dopo, ndr] diventa dipendente, già 10 gg prima entra in<br />
conflitto con il volontario, è automatico.” (intervista 18, Mario, 33 anni)<br />
Nel momento in cui avviene il passaggio da volontario a dipendente, ecco che cambia la qualità del<br />
tempo che si utilizza nell’associazione: da tempo libero, impagabile e non quantificabile nel suo<br />
valore, questo diventa tempo quantificato e valutato. Un tempo per cui viene corrisposto un salario,<br />
appunto.<br />
Ciò che non cambia è il luogo in cui il tempo viene speso. Ma, dal punto di vista di chi fa questo<br />
“salto” qualitativo (nel senso stretto: cambia la qualità della sua azione all’interno dell’associazione)<br />
sembra inevitabile anche un cambiamento di prospettiva. E un nuovo modo di relazionarsi con quelli<br />
che erano i suoi ex compagni di associazione, per acquisire le modalità di comportamento di quelli<br />
che sono e saranno i suoi colleghi di lavoro.<br />
Nella maggior parte dei casi, tuttavia, le associazioni di volontariato non vedono persone iscritte nei<br />
loro libri-paga. E non le vogliono avere, dando una valutazione nettamente negativa della possibilità<br />
che questo avvenga. Affermano di non voler creare confusioni o, peggio, snaturare l’associazione.<br />
“Io penso ad un certo punto che se andiamo a finire con il retribuito non lo so dove andiamo a<br />
finire, non c’è più il volontariato, (…) qualc<strong>uno</strong> ha delle questioni a stipendio, secondo me non è<br />
più un’associazione di volontariato. Secondo me si perde un po’ la cosa. Secondo me va bene<br />
com’è attualmente.” (intervista 29, Gianfranco, 54 anni)<br />
Inoltre, i dirigenti tendono a mostrarsi preoccupati della reazione dei volontari all’idea che dei<br />
professionisti vengano stipendiati per fare un lavoro che svolgono anche loro gratuitamente. Secondo<br />
questo dirigente, sarebbero gli stessi volontari che non permetterebbero che i due tempi, quello<br />
dell’azione volontaria e quello del lavoro remunerato, si sfiorassero nella loro OdV:<br />
abbandonerebbero l’associazione.<br />
“… Lasciamo perdere il retribuito perché il retribuito crea problemi. Ne risolve alcuni ma ne<br />
crea altri. Risolve la presenza ma allontana i volontari perché il volontario dice: se c’è quello che<br />
prende i soldi lo fa lui. (…) Noi siamo partiti volontari, siamo arrivati volontari quindi io credo<br />
che se in questo momento proponessi all’associazione di assumere qualc<strong>uno</strong> ci sarebbe la fila di<br />
volontari per andare via. Te lo dico perché li ho sentiti.” (intervista 40, Michele, 60 anni)<br />
Insomma, trasformare il volontariato in lavoro e l’associazione in azienda, per usare le parole di<br />
Virginia, sembra una cosa che non piace proprio a ness<strong>uno</strong> e che fa perdere di vista le motivazioni e<br />
gli obiettivi iniziali.<br />
“… Cominceremmo ad assomigliare più ad un’azienda che a un’associazione, forse anche quel<br />
clima di familiarità comincerebbe a diventare un po’ più rigido, difficile da gestire: quando hai<br />
delle persone che lavorano, che fanno ambientalismo per lavoro, le finalità cambiano,