uno sguardo d'insieme - CSV Marche
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Terza parte Volontariato e … bisogni, opportunità, territorio<br />
professioni sociali deve evitare il rischio di professionalizzazione delle relazioni aiuto, sarebbe<br />
veramente terribile pensare che le persone fragili nel loro percorso di vita incontrino solo<br />
professionisti pagati. Sarebbe come dire che tutti i bisogni presenti nella vita possano essere accolti<br />
solo pagando qualc<strong>uno</strong>.<br />
Il senso comune considera i circuiti di solidarietà parte della collettività, tanto che il loro valore non è<br />
mai possibile definirlo in maniera monetaria, ma con altri valori che li attraversano: la gratuità, il<br />
tempo, l’ascolto, il volontariato, l’impegno, elementi di una nuova economia di natura sociale. Questo<br />
punto di vista ha origine dal fatto che coloro che operano all’interno dei servizi, lavoratori o<br />
volontari, quando incontrano l’altro, l’utente, stabiliscono con lui una relazione di aiuto che ha<br />
duplice natura: è parziale, in quanto si incontra l’altro con i propri bisogni e strumenti (professionali o<br />
diffusi) ed allo stesso tempo lo accoglie completamente e si mette in gioco (professionalmente o<br />
volontariamente) completamente. La prestazione di questi servizi non è un oggetto o un servizio, ma<br />
una relazione. Questo comporta che i circuiti di solidarietà sociale sono specifici ed autonomi come<br />
tutti gli altri, ma appartengono alla comunità in quanto la loro azione è rivolta alla riproduzione di<br />
relazioni sociali. Luoghi circoscritti ma aperti, in quanto definiti dal giudizio della comunità e perciò<br />
per loro natura pubblici.<br />
Per la loro natura pubblica le organizzazioni di solidarietà sociale non agiscono per rispondere ai<br />
bisogni degli utenti, ma sono ambienti dove è necessario organizzare e gestire l’incontro e lo scontro<br />
tra bisogni differenti. Luoghi che possono imparare ed insegnare a gestire la tensione di questo<br />
incontro/scontro. Ogni giorno nei servizi avviene l’incontro tra i bisogni della famiglia, dell’utente,<br />
degli educatori, dei volontari nel servizio, ma allo stesso tempo è necessario trattare i bisogni della<br />
collettività, dei vicini, dell’amministrazione, del soggetto gestore, delle associazioni cioè di tutti<br />
coloro che ruotano attorno al servizio. Questo, di nuovo, ribadisce il loro significato pubblico e ne<br />
definisce il loro essere luoghi di frontiera dove è necessario imparare ed insegnare l’incontro tra<br />
differenze. Ogni volta che un bisogno prende il sopravvento, che sia quello degli utenti o delle<br />
famiglie, dell’ente gestore, dei lavoratori, dei volontari e dell’ASUR, quell’agenzia tronca il suo<br />
carattere pubblico e sceglie il ruolo di circuito sociale chiuso alla collettività.<br />
5.8 - Lavoro e scambio<br />
La cooperazione sociale si occupa di bisogni, non di bisogni qualunque ma di quelli legati<br />
all’autonomia e alla qualità della vita di persone in stato di difficoltà e di coloro che con loro vivono.<br />
I suoi servizi sono offerti a persone fragili, ma il loro obiettivo è dare sollievo ad un contesto più<br />
ampio: i familiari, un quartiere, la scuola, fino a raggiungere l’intera comunità. E questo lo fanno<br />
dichiarando di rispondere ad un loro bisogno: creare ricchezze materiali, (lavoro e reddito), e<br />
immateriali (conoscenza).<br />
Questo significa che le imprese di solidarietà non offrono servizi per filantropia, ma perché offrendo<br />
servizi rispondono al bisogno delle persone di avere un lavoro, a quello della collettività di creare<br />
nuove conoscenze e complessivamente per produrre nuova ricchezza.<br />
Lavoro per persone che hanno fatto la scelta di una professione di aiuto: rispondere al disagio<br />
soddisfacendo allo stesso tempo al loro bisogno di lavorare. Ciò rende evidente che in questa<br />
relazione di aiuto sono in gioco da ambedue le parti dei bisogni legittimi, anche se differenti. Un<br />
incontro dove la dignità è di casa, poiché l’operatore non offre carità, ma le competenze di un<br />
mestiere che incontra ogni giorno i bisogni dell’altro, con la consapevolezza che lo fa per rispondere<br />
al suo bisogno di lavoro. E questo <strong>sguardo</strong> sulle relazioni di aiuto è <strong>uno</strong> <strong>sguardo</strong> sereno, al quale si fa<br />
fatica a riconoscere valore, perché si considera un limite che si aiuti l’altro in cambio del salario,<br />
come se questo fosse un male, ma non è così.<br />
Sono i bisogni che permettono la dignità delle due parti in gioco nella relazione di aiuto, bisogni<br />
sempre presenti e che vanno riconosciuti, altrimenti si corre il rischio che la naturale asimmetria di<br />
ruolo si trasformi in asimmetria tra persone. Presenza di bisogni che è la premessa indispensabile per<br />
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