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uno sguardo d'insieme - CSV Marche

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Centro di Servizio per il Volontariato – Associazione Volontariato <strong>Marche</strong><br />

(volontari) di incontrare il disagio, di farci i conti, perché in questo modo si attivano le normali<br />

competenze sociali diffuse in qualsiasi contesto umano. Attraverso l’azione del volontariato, che per<br />

sua natura non è specializzato, avviene l’ingresso della normalità nei servizi e nelle relazioni con gli<br />

utenti, ciò permette che nei circuiti specializzati e professionali entrino persone dotate del normale<br />

bagaglio di competenze sociali, così da far venir meno la stretta dipendenza dei servizi e degli utenti<br />

dalle sole relazioni professionali offerte da assistenti, educatori, psicologici, terapisti. Il volontariato<br />

in questo modo si offre come grande elemento di apertura e di autonomia nell’accoglienza delle<br />

fragilità sociali, perché una comunità dove le risposte ai bisogni sociali siano delegate in toto a luoghi<br />

professionali e specializzati sarebbe più povera e fragile.<br />

Allo stesso tempo pianificare politiche e servizi solidali non può limitarsi alla sola azione del<br />

volontariato, ma richiedendo personale con formazione, competenze ed attitudini specifiche, cioè<br />

professionisti retribuiti per educare, assistere e curare altre persone, ha la necessità di organizzazioni<br />

capaci di gestire competenze professionali e servizi complessi: per questo sono necessarie le<br />

cooperative sociali. Oggi la rete dei servizi alla persona, pur mantenendo l’imprescindibile veste<br />

pubblica, fa affidamento sull’azione della cooperazione della cooperazione sociale.<br />

Un’organizzazione la cui forza sta nell’assunzione delle caratteristiche di impresa declinata al sociale,<br />

connubio complesso che connettendo solidarietà ed economia determina l’ingresso di elementi<br />

fortemente contradditori, che sono il carburante propulsivo di qualsiasi evoluzione.<br />

Le contraddizioni, che stanno all’origine della cooperazione sociale, ne fanno <strong>uno</strong> dei soggetti<br />

deputati alla gestione delle contraddizioni sociali, perché chi è obbligato dalla sua natura a fare i conti<br />

quotidianamente con le proprie fragilità (sempre che non eviti di farci i conti) è in grado di accogliere<br />

quelle altrui. Contraddizioni interne quali quelle presenti nei rapporti con il personale, che nelle<br />

cooperative assume il duplice ruolo di dipendente e socio. Dove questa duplice veste determina una<br />

spinta evolutiva conseguente alla necessità di portare avanti le competenze professionali (dipendente)<br />

con quelle di essere parte attiva e consapevole di un progetto più complesso (socio), che avendo<br />

natura sociale riduce i rischi di chiusura professionale, rischio sempre da evitare nelle professioni<br />

sociali. Oppure basti pensare alla stimolante contraddizione che obbliga la cooperazione a gestire<br />

servizi dove è necessario offrire solidarietà facendo tornare i conti, cosa che può permetterle di<br />

esplorare sistematicamente nuovi significati nel dare conto della gestione anche economica (e<br />

monetaria) della solidarietà.<br />

5.7 Un mestiere tra professione e competenze diffuse<br />

I confini indefiniti delle professioni sociali sono un elemento importante, perché spesso determinano<br />

la forte motivazione di coloro che lo svolgono, derivante dal mescolarsi di professionalità e messa in<br />

gioco di sé. Questa forza è però anche la sua debolezza. La difficoltà nel definire standard di qualità<br />

rende possibile l’idea diffusa che chiunque abbia “sensibilità” lo possa svolgere, apre un mondo<br />

lavorativo dove sembrano affiorare solo attività povere (quelle che si definiscono assistenziali, dove è<br />

necessario spendere poco anzi, il meno possibile e che oggi stanno diventando un affare per<br />

organizzazioni che utilizzano il lavoro di persone che provengono da altri paesi) oppure baroccheampollose<br />

(di solito quelle educative che sono incomprensibili nel loro procedere e considerate<br />

eccessivamente costose “Ma che progetti, che verifiche, in fin dei conti i bambini dei nidi o gli<br />

anziani nella casa di riposo non hanno bisogno di tutte queste storie, basta qualc<strong>uno</strong> che ci sa<br />

stare…”). Questo <strong>sguardo</strong> non è diffuso solo tra coloro che chiedono questo tipo di servizi (singoli<br />

cittadini o enti pubblici), ma anche in coloro che offrono la loro opera lavorativa, che spesso si<br />

sbilanciano sulle loro competenze umane (a me i bambini piacciono tanto) e sorvolano sulle<br />

competenze professionali che un mestiere così complesso richiede. Si deve tener presente che chi<br />

opera nel sociale si trova per 6/7 ore al giorno in contatto diretto con i bisogni (spesso forti ed urlati)<br />

e senza strumenti e tecniche “professionali”, è facile scivolare verso il burn out. Allo stesso tempo,<br />

l’eccessiva professionalità porta a derive tecniciste, con allegato distacco dai bisogni, cioè la difesa<br />

della propria integrità attraverso il congelamento della partecipazione umana. Il riconoscimento delle<br />

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