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uno sguardo d'insieme - CSV Marche

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Centro di Servizio per il Volontariato – Associazione Volontariato <strong>Marche</strong><br />

bisogni non ne hanno determinato la fine, ma la loro ulteriore evoluzione e trasformazione, non<br />

prevista e non prevedibile. Gli stessi bisogni che continuano ad essere presenti e che appaiono in<br />

continuità con quelli del passato, esempio i bisogni originati dalle povertà economiche, sono in realtà<br />

del tutto differenti. Basti per questo tenere conto cosa significhi essere poveri in una società del<br />

benessere, rispetto ad esserlo in una società basata su un’economia di sussistenza quale erano le<br />

<strong>Marche</strong>.<br />

5.3 - Welfare Comunitario: il nuovo tessuto sociale<br />

Il progresso tecnico/economico, in constante accelerazione, determina una transizione sociale infinita<br />

che ha come conseguenza una crisi permanente del Welfare. Quest’ultimo è sempre più insufficiente<br />

a garantire la transizione e il racconto sociale dalla culla alla pensione, sia l’inclusione e<br />

l’accompagnamento dei nuovi soggetti, e sono tanti, a rischio di esclusione. Così si naviga in un<br />

Welfare locale che ha passato ai sindaci e alle comunità locali il cerino della gestione del disagio.<br />

Questo Welfare è fatto e sostenuto da un po’ di soldi europei, pochi nazionali, pochi locali e molta<br />

esternalizzazione dei servizi con cooperative sociali, associazionismo e volontariato sotto sforzo e<br />

stretto nella morsa binaria fatta di logiche di privatizzazione e supplenza. In questa situazione si<br />

discute della nuova frontiera del welfare, che da statale si è prima trasformato in locale ed ora in<br />

comunitario. Ma l’accezione di comunitario non è solo un nuovo modo di organizzarlo, ad esempio<br />

con la responsabilizzazione di cittadini che si impegnano nella cura della collettività attraverso il<br />

terzo settore e la messa in rete delle organizzazioni che ne fanno parte, ma probabilmente evidenzia<br />

come oggi è la stessa comunità che per sostenersi ha bisogno di un welfare organizzato.<br />

Un tessuto che fino a pochi anni fa era gratuito e comune, sostenuto dalle donne all’interno delle<br />

famiglie, mentre oggi è costruito dai circuiti della solidarietà sociale, cioè specializzato e remunerato<br />

(cooperazione) oppure scelto e gratuito (volontariato), che necessitano di investimenti di natura<br />

economica, oltre che monetaria. Questo trasforma la cura, elemento naturale di cui ha bisogno la<br />

collettività per mantenersi comunità di uomini e donne, in lavoro o impegno collettivo e razionale.<br />

Stiamo assistendo ad una crescita costante del numero di persone dedite alla cura dell’altro, sostenuta<br />

dalla constatazione che l’attuale organizzazione sociale rende i cittadini sempre più incapaci proprio<br />

nell’ambito delle competenze sociali. Un contesto che necessita di sempre più attività (remunerate o<br />

volontarie) legate all’azione solidale, le quali rispondendo all’aumento di bisogni determinati dai<br />

crescenti processi di delega della cura sociale, rendono i cittadini sempre più incompetenti nel<br />

prendersi cura delle relazioni, soprattutto difficili.. E’ un po’ come se la grande flessibilità oggi<br />

richiesta nell’ambito lavorativo, economico e sociale nel dispiegare le sue grandi ali creasse una<br />

rigidità latente, quella di una collettività costretta ad escludere le sue difficoltà per far posto ai bisogni<br />

di flessibilità, e nel far questo a condannarsi ad essere sempre più fragile, incapace di fare i conti con<br />

l’umano disagio dell’incontro con la difficoltà.<br />

La trasformazione dei bisogni di cura da privati a pubblici ne ha determinato un passaggio di stato<br />

che li ha trasformati alla radice. La cura dei bambini, un tempo a carico delle sorelle maggiori, delle<br />

zie zitelle o delle nonne, oggi sempre più avviene in luoghi sociali: nidi, centri giochi, ludoteche,<br />

spazi gioco. Le attività, le modalità e le tecniche di cura ed educazione che venivano tramandate di<br />

generazione in generazione nei circuiti parentali, oggi non possono essere trasferite nei circuiti di<br />

accoglienza sociali. Il passaggio di stato richiede che questi luoghi siano in grado di elaborare le<br />

conoscenze e le pratiche pregresse all’interno di un contesto del tutto differente, ad esempio questi<br />

luoghi vedono la presenza contemporanea di decine di bambini e poche braccia e ciò richiede di<br />

elaborare tecniche di gestione non limitate al solo contenimento (fare assistenza), ma anche in grado<br />

di incentivare esperienze ed occasioni di autonomia (fare educazione). Si comprende che in questo<br />

modo i servizi non possono limitarsi ad essere semplici luoghi di accoglienza, ma centri di esperienza<br />

in grado di elaborare nuove conoscenze sulla cura ed educazione che possono essere offerti la<br />

comunità nella quale operano.<br />

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