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Università degli Studi di Ferrara

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Cap. 7 Riparo Tagliente<br />

Queste popolazioni si spostavano in funzione della stagione dalla pianura alla<br />

montagna ed hanno lasciato nel riparo innumerevoli testimonianze del loro passaggio,<br />

dall’industria litica finanche ai resti <strong>di</strong> pasto (Arzarello, 2004).<br />

Nel taglio 36 è stata in<strong>di</strong>viduata una falange del primo <strong>di</strong>to <strong>di</strong> Homo<br />

neanderthalensis; altri resti dell’Uomo <strong>di</strong> Neandertal sono stati in<strong>di</strong>viduati all’interno del<br />

taglio 36, Q.12 (secondo molare superiore deciduo) e del taglio 37, Q 8 (canino superiore<br />

deciduo).<br />

Probabilmente i due denti decidui appartengono allo stesso in<strong>di</strong>viduo <strong>di</strong> circa 10<br />

anni. Attraverso lo stu<strong>di</strong>o delle caratteristiche della superficie occlusale si è potuta<br />

determinare una <strong>di</strong>eta ricca in cibi abrasivi: infatti le strie orizzontali al colletto sono<br />

probabilmente dovute allo strappamento <strong>di</strong> materiali fibrosi (Villa et al., 1999).<br />

Gli animali cacciati dovevano essere prevalentemente gran<strong>di</strong> erbivori come lo<br />

stambecco (Capra ibex), il cervo (Cervus elaphus) e il capriolo (Capreolus capreolus),<br />

nonché l’elefante, testimoniato dal ritrovamento <strong>di</strong> alcune lamelle dentarie <strong>di</strong> Elephas<br />

primigenius.<br />

Dallo stu<strong>di</strong>o tafonomico del materiale faunistico si rileva come gli animali cacciati<br />

venissero poi macellati all’interno del riparo: qui infatti avvenivano tutte le <strong>di</strong>verse fasi<br />

<strong>di</strong> trattamento della selvaggina, dallo scuoiamento alla <strong>di</strong>sarticolazione al <strong>di</strong>stacco <strong>di</strong><br />

masse muscolari ed infine al recupero del midollo (Aimar et al., 2000).<br />

Successivamente, nel Paleolitico superiore, anche Homo sapiens occupa il riparo e<br />

lascia tracce del suo passaggio: numerosi sono i focolari strutturati, cosa che in<strong>di</strong>ca una<br />

ripartizione spaziale più evidente. Nella zona esterna si svolgevano le attività <strong>di</strong><br />

scheggiatura, testimoniate dal ritrovamento <strong>di</strong> tre officine litiche (fig. 7.6) composte da<br />

un ammasso <strong>di</strong> prodotti <strong>di</strong> débitage contornati da un semi-cerchio <strong>di</strong> grossi blocchi <strong>di</strong><br />

calcare provenienti, per la maggior parte, dalla caduta della volta del riparo. L’enorme<br />

quantità <strong>di</strong> nuclei, prodotti non ritoccati e percussori in calcare accre<strong>di</strong>ta l’ipotesi che<br />

l’uomo tagliasse la selce in situ (Liagre, 2001).<br />

A questa fase <strong>di</strong> occupazione è attribuita inoltre una sepoltura (fig. 7.7) scavata<br />

nella parte interiore del riparo, sepoltura alla quale manca la parte superiore dello<br />

scheletro a causa del riassestamento del riparo in epoca me<strong>di</strong>oevale. La fossa è stata<br />

scavata all’interno dei depositi musteriani su uno spessore <strong>di</strong> 60 cm a partire dal piano<br />

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