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Porto Franco. I documenti del progetto, 1998-2001 - Regione Toscana

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Il nostro viaggio spesso ha misurato la distanza dei nostri confini. Ma confine vuol dire anche limite.<br />

Spostandoci verso ciò che non conosciamo o non ci è abituale, abbiamo visto anche il limite <strong>del</strong> nostro<br />

territorio che non è l’unico possibile e che non coincide con il mondo intero.<br />

Sui confini <strong>del</strong> religioso contemporaneo non c’è più “la religione” degli italiani, ma un’Italia <strong>del</strong>le religioni<br />

che non è il frutto di un incidente storico o di improvvise fascinazioni spirituali, ma il segno di presenze di<br />

uomini, donne, famiglie intere, che si insediano su un territorio; di trasformazione dei processi di costruzione<br />

<strong>del</strong>l’identità personale; di cambiamenti profondi e continui dentro la nostra società.<br />

La <strong>Toscana</strong> affonda la sua memoria in una storia complessa e differenziata di cui si hanno moltissime tracce<br />

che costituiscono un patrimonio e una continuità. Oggi in questa storia si innestano presenze e forme<br />

religiose diverse. Si tratta di un processo che ci sta davanti e chiede di essere conosciuto e interpretato.<br />

Il calendario fitto d’incontri ci ha dato modo di riflettere su quello che abbiamo visto e ci ha portati<br />

progressivamente a rimettere in discussione le prospettive che tendono ad una descrizione culturalmente<br />

autentica, lineare e unidimensionale, <strong>del</strong> fenomeno religioso. Si tratta di superare un approccio rozzamente<br />

culturalista che ci dà un un’idea di identità culturale solo come demarcazione etnica, nazionale e religiosa,<br />

non tenendo conto di altri criteri: classe, genere, generazione, istruzione, professione, mostrando così che si<br />

hanno identità individuali e collettive, modi e stili di vita, universi ideologici e simbolici fortemente<br />

differenziati che non possono essere contenuti in generiche categorie. Dobbiamo perciò cominciare a pensare<br />

in termini di complessità, di interdipendenza, di circolarità, ricordandoci che ad entrare in contatto non sono<br />

soltanto le culture e le religioni, ma individui e gruppi che al di là <strong>del</strong>le loro differenze culturali e religiose,<br />

occupano posti e ruoli differenziati dentro un sistema di relazioni sociali.<br />

Il “pluriverso religioso” intende evidenziare che le religioni non possono essere descritte ancorandole<br />

astrattamente a un patrimonio di credenze, simboli, riti, norme oggettive e universali, quanto ad un orizzonte<br />

storico-culturale in cui i soggetti interpretano se stessi in modi plurali e differenziati, dentro i loro mondi di<br />

appartenenza, con le più diverse implicazioni esistenziali e ruoli sociali. In questo senso il pluriverso<br />

religioso non si identifica con le diverse confessioni religiose e non si risolve nemmeno nel pluralismo<br />

religioso. È una realtà policroma e dinamica che attraversa e va al di là di tutte le religioni per investire il<br />

mondo <strong>del</strong>la vita con modalità e ritmi assai diversi. Tutto questo fa essere le distinte religioni <strong>del</strong>le realtà<br />

differenziate, sia al loro interno, sia in rapporto alle altre e definirle con categorie monoculturali significa<br />

ridurle e neutralizzarle.<br />

Affrontare il pluriverso religioso in chiave interculturale significa, invece, passare da una logica lineare ad<br />

una logica circolare in cui le differenze non si autorappresentano rimanendo chiuse in se stesse, ma si<br />

intersecano dentro i processi sociali in una dimensione di continua apertura, in comunicazione con il mondo.<br />

In questo senso il pluriverso religioso diviene uno spazio libero da qualsiasi interferenza ideologica o<br />

confessionale.<br />

Alfredo Jacopozzi<br />

coordinatore <strong>del</strong> campus<br />

IL LABORATORIO DI EDUCAZIONE AL PLURIVERSO RELIGIOSO<br />

Governare la trasformazione…<br />

Consapevoli che il quotidiano è l’ambito in cui individui e gruppi possono praticare nuove forme di socialità,<br />

ma in cui è facile immaginare nuove forme di potere e di manipolazione che controllano la comunicazione, il<br />

campus ha progettato un Laboratorio che vuole essere lo spazio in cui tradurre ed elaborare i linguaggi e i<br />

codici di comportamento di uomini e donne, giovani e anziani, famiglie che appartengono ai diversi mondi<br />

religiosi e che chiedono di essere riconosciuti nella loro differenza.<br />

Dal momento che non possiamo più contare su una sorta di funzionamento automatico o fatale, la società ha<br />

bisogno di organizzare se stessa per essere tenuta insieme, perché il legame sociale dipende da come lo<br />

facciamo esistere.<br />

Il Laboratorio viene presentato nella consapevolezza che è necessario compiere un processo culturale che<br />

riconosca il valore <strong>del</strong> pluralismo e <strong>del</strong>la diversità religiosa nel contesto dei principi di democrazia e laicità<br />

su cui si basa la nostra convivenza civile.<br />

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