03.04.2015 Views

Porto Franco. I documenti del progetto, 1998-2001 - Regione Toscana

Porto Franco. I documenti del progetto, 1998-2001 - Regione Toscana

Porto Franco. I documenti del progetto, 1998-2001 - Regione Toscana

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

questione di “dignità” - una dignità che sono in<br />

molti a tradurre nel linguaggio dei diritti.<br />

Spero di aver chiarito, in questo modo, almeno il<br />

titolo <strong>del</strong> mio intervento. Se mi domando “quali<br />

culture, senza diritti?”, non è per una mia personale<br />

idiosincrasia rispetto alla riflessione sulle<br />

differenze (tutt’altro), ma perché troppo spesso ho<br />

l’impressione che si parli di culture per non parlare<br />

di diritti. Se, come ci ricordava stamani Kaled,<br />

ogni epoca e ogni società produce un discorso di<br />

verità per affermare se stessa, la democratica e<br />

progressista “valorizzazione <strong>del</strong>le differenze”<br />

rischia oggi di divenire la nostra comoda verità.<br />

Non dobbiamo parlare di differenze, allora? No, io<br />

credo che dobbiamo farlo, ma tenendo conto <strong>del</strong><br />

contesto entro il quale ci muoviamo, <strong>del</strong>le relazioni<br />

sociali in cui siamo immersi – che sono sempre,<br />

come sosteneva Foucault, anche relazioni di<br />

potere. Se lo facciamo, possiamo forse accorgerci<br />

di quanto siano surreali, a volte, i discorsi sulle<br />

“culture diverse”. Di fronte a persone che vivono<br />

situazioni di pesante esclusione e di restrizione<br />

<strong>del</strong>le libertà, che sono quotidianamente<br />

inferiorizzate (anche dai nostri più benintenzionati<br />

tentativi di essere d’aiuto), non possiamo non<br />

tenere conto di un fatto: quella che dovrebbe essere<br />

una ordinaria relazione sociale, una “relazione di<br />

potere” (di “confronto strategico tra due libertà”) si<br />

è già trasformata, o nella migliore <strong>del</strong>le ipotesi si<br />

sta trasformando, in uno “stato di dominio”.<br />

Come scrive Luigi Ferrajoli, non possiamo<br />

dimenticare che il nostro universalismo nasce, in<br />

età moderna, per fornire una giustificazione teorica<br />

all’impresa coloniale (nel 1539 Francisco De<br />

Vitoria scriveva di un universale ius migrandi, di<br />

un diritto di migrare, che era chiaramente<br />

funzionale all’invasione spagnola <strong>del</strong>l’America<br />

“latina”). Ma la nostra fortuna, oggi, è che “il re è<br />

nudo”. Possiamo lavorare nella direzione di una<br />

“democrazia sostanziale”, oppure possiamo<br />

respingere l’idea di un’eguaglianza effettiva dei<br />

diritti civili, politici e sociali. Quello che non<br />

possiamo fare è fingere di non sapere che, se<br />

resteremo fermi alle nostre “democrazie reali”<br />

(formali ma non sostanziali, per semplificare un<br />

po’ brutalmente), utilizzeremo la “democrazia”<br />

così come è stato utilizzato l’universalismo in<br />

epoca coloniale: come argomento sempre presente<br />

nella giustificazione di guerre e di misure di<br />

sicurezza contro gli stranieri, ma<br />

sorprendentemente assente quando si tratta di<br />

riconoscere l’altro/a, nella sua nomade e<br />

molteplice identità, come eguale.<br />

255

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!