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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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o, la questione che da oggi concretamente da pensare. C’è una<br />

differenza profonda nel modo di pensare la tecnica e il suo destino<br />

in Husserl e in Heidegger, differenza che dobbiamo qui<br />

accantonare perché ci porterebbe troppo lontano dal nostro<br />

cammino; l’uno e l’altro però lamentarono l’incapac<strong>it</strong>à della filosofia<br />

di porsi all’altezza del problema della scienza e della<br />

tecnica e l’urgenza di porvi rimedio. Definire ciò «antiscientifico»<br />

è del tutto illeg<strong>it</strong>timo e soprattutto poco intelligente, se<br />

davvero si ha a cuore il senso della razional<strong>it</strong>à scientifica e il<br />

suo ruolo nel mondo. Queste rapide premesse generali fanno da<br />

introduzione a un esame del celebre paragrafo 7 di Essere e<br />

tempo, in cui Heidegger, come si sa, precisa il suo modo di intendere<br />

il metodo fenomenologico e la sua adesione alla fenomenologia.<br />

Ma prima di affrontare tale complesso paragrafo,<br />

con la medesima libertà di esposizione che ci siamo permessi<br />

relativamente a Husserl, converrà tornare brevemente ancora<br />

una volta a un passo del tardivo saggio heideggeriano già c<strong>it</strong>ato,<br />

cioè a Mein Weg in die Phaenomenologie.<br />

3. Scrive dunque Heidegger, ricordando il tempo in cui era assistente<br />

di Husserl, che egli aveva ottenuto dal maestro il permesso<br />

di tenere un seminario ristretto, per studenti avanzati, sulle<br />

Ricerche logiche, il libro che, come sappiamo, l’aveva affascinato<br />

all’inizio dei suoi studi. Il maestro, egli dice, consentiva<br />

«con indulgenza, ma in fondo disapprovando». Infatti Husserl<br />

non doveva essere troppo contento che il suo miglior discepolo<br />

manifestasse tanto attaccamento a un’opera ai suoi occhi invecchiata,<br />

e invece implic<strong>it</strong>amente tanto poco alle opere successive.<br />

Poi Heidegger continua: «Fu in questo lavoro (di commento alle<br />

Ricerche logiche) che appresi - dapprima guidato più da un presentimento<br />

che da un fondato punto di vista - che quello che per<br />

la fenomenologia degli atti di coscienza si compie come<br />

l’automanifestarsi del fenomeno è pensato in modo ancor più<br />

originario da Aristotele, e dal pensiero e dall’esserci greco nel<br />

suo complesso, come aletheia, come la non-ascos<strong>it</strong>à (Unverborgenhe<strong>it</strong>)<br />

dell’essente -presente (des Anwesenden), come il<br />

suo disvelarsi (Entbergung), il suo mostrarsi (sich-Zeigen). Ciò<br />

che le ricerche fenomenologiche hanno riscoperto come l’atteg-<br />

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