CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it
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stazione originaria che precede e fonda la questione della ver<strong>it</strong>à<br />
intesa come ver<strong>it</strong>as del giudizio (adaequatio intellectus et rei),<br />
non è che un altro modo di dire la questione fenomenologica della<br />
ver<strong>it</strong>à del fenomeno, banalizzata, secondo Husserl, dalle scienze<br />
logiche e naturali. Il progetto «metodico» della fenomenologia<br />
non è altro che lo sforzo di rendere alethes, evidente e manifesto,<br />
il senso d’essere delle cose. La filosofia però non è mai riusc<strong>it</strong>a a<br />
porsi radicalmente di fronte alla questione «fenomenologica»<br />
dell’essere (cioè alla sua stessa questione, come dice Heidegger<br />
all’inizio di Essere e tempo); la scienza l’ha poi ricoperta e obliata<br />
(e anche Heidegger parla di «oblio dell’essere»), come dice<br />
Husserl.<br />
3. Se la fenomenologia è una prassi di disvelamento in cui si<br />
compendia la millenaria ricerca della filosofia, la sua «prassi di<br />
nuovo genere», che dunque trova qui l’inizio del suo rigoroso<br />
«fondarsi» (la filosofia è pertanto in una fase ancora e sempre aurorale,<br />
nel travaglio della sua nasc<strong>it</strong>a), sorge spontanea una domanda:<br />
la filosofia, in quanto essenzialmente fenomenologia, è la<br />
scoperta del senso d’essere del mondo, o non è piuttosto la proposizione<br />
e il progetto di tale senso (e della più generale questione<br />
del «senso del senso», come l’abbiamo chiamata)? In termini<br />
più semplici: c’è un senso d’essere, e la filosofia lo scopre; oppure<br />
è la filosofia che, in questa forma, lo inventa e lo pone nel<br />
mondo?<br />
La domanda ne tira dietro un’altra. Supponiamo che il mondo-della-v<strong>it</strong>a<br />
abbia, come pensano Husserl e Heidegger, un «senso<br />
d’essere», una «ver<strong>it</strong>à» (aletheia), e che la filosofia ne sia la<br />
rivelazione (rivelazione del profondo, come già diceva Hegel, nel<br />
suo pensare a sua volta «fenomenologico»); perché però il senso<br />
d’essere, la ver<strong>it</strong>à, esigono una «rivelazione»? Perché non sono<br />
già di per sé rivelati, non sono già «fenomeni»? Che cosa li vela<br />
e ce li nasconde? E in che senso potrebbero venire «scoperti»?<br />
Come la ver<strong>it</strong>à può essere oggetto di una «scoperta»?<br />
Parlando di «crisi» Husserl intendeva certo un velamento. Il<br />
velamento accade perché, potrebbe dire Husserl, c’è una differenza<br />
tra la v<strong>it</strong>a in presa diretta e la v<strong>it</strong>a in presa riflessa.<br />
Nell’atto diretto e irriflesso del vivere l’uomo è preso dal mondo,<br />
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