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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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sa del soggetto sulla quale Husserl ha tanto insist<strong>it</strong>o, senza riuscire<br />

a chiarirne il fondo a se stesso e agli altri, che su questo<br />

punto, a cominciare da Heidegger, lo hanno gravemente frainteso.<br />

Si tratta dell’«ab<strong>it</strong>o» dell’esser soggetto, delle sue potenziali<br />

«risposte», ovvero di ciò che, come diceva Peirce, «siamo pronti<br />

a fare». Ed è un fatto che noi filosofi, e poi l’uman<strong>it</strong>à occidentale<br />

in generale, siamo pronti a «fare teoria», per esempio nel<br />

modo della organizzazione tecnico-cibernetica, come avrebbe<br />

detto Heidegger. È principalmente dell’ethos di questo soggetto<br />

che si tratta, cioè di come esso sia pronto ad ab<strong>it</strong>are le sue prassi<br />

cost<strong>it</strong>utive e il loro progrediente destino planetario.<br />

Porre il pensiero all’altezza di questo destino è il problema<br />

comune di Husserl e di Heidegger e del loro pensare «fenomenologico»;<br />

per altro verso è il problema stesso del destino dell’Europa.<br />

La questione non è però resolubile nei termini di una<br />

nuova «teoria» o «su-perteoria»; e naturalmente neppure nei<br />

termini di una anti-teoria o «astuzia della sragione» che dir si<br />

voglia. La questione è appunto quella di un’etica della teoria, o,<br />

come sono sol<strong>it</strong>o dire, di un’«etica della scr<strong>it</strong>tura», nel senso<br />

che qui si è venuto illustrando.<br />

Si potrebbe dire che la teoria, entrata nell’orizzonte del più<br />

radicale nichilismo e della più devastante Weltzivilisation, si<br />

configura infine come luogo di esercizio del soggetto e come<br />

istanza della sua trasformazione etica. Come questa vada intesa<br />

e attuata non è comp<strong>it</strong>o di questo libro dire o, meglio ancora,<br />

mostrare. La scr<strong>it</strong>tura stessa del libro, come anche Derrida (ma<br />

prima ancora Nietzsche) ha a suo modo compreso, ne è posta<br />

anzi in questione. Proprio perché non possiamo e non vogliamo<br />

essere dimentichi della pratica che qui abbiamo eserc<strong>it</strong>ato,<br />

dobbiamo mantenere il discorso entro il confine in-troduttivo<br />

che lo ha caratterizzato. Già l’esercizio fenomenologico di questa<br />

«soglia», del lim<strong>it</strong>e della sua scr<strong>it</strong>tura, della sua esperienza<br />

e della sua ver<strong>it</strong>à, allude peraltro all’esigenza di un’etica che<br />

ridimensiona e ricolloca il soggetto che ha scr<strong>it</strong>to e che ha letto,<br />

sicché ancora scrivendo e leggendo come scriviamo e leggiamo,<br />

possiamo nondimeno ripeterci: «noi non siamo filosofi letterari».<br />

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