CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it
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è duplice, indipendentemente dall’ente o dal suo rapporto con<br />
l’ente. È duplice in sé e non perché sta nell’ente e non può stare<br />
altrove.<br />
12. Avviciniamoci al problema con alcuni esempi. Non si tratta,<br />
sappiamo, della semplice differenza tra due cose, ma del differire<br />
in sé, dell’evento che da sé si duplica. Pensiamo allora alla<br />
relazione tra il lampo e l’oscur<strong>it</strong>à. Il senso comune dice: c’è<br />
l’oscur<strong>it</strong>à; poi c’è il lampo che fende l’oscur<strong>it</strong>à. Cioè li prende<br />
entrambi nella loro supposta semplice presenza e poi li giustappone,<br />
o li pone in successione. Ma noi dobbiamo chiedere: come<br />
mi è dato il buio? come mi è data la luce? Dobbiamo cioè<br />
riportarci al carattere originariamente fenomenologico di questa<br />
esperienza.<br />
In questa collocazione e disposizione descr<strong>it</strong>tiva l’incontro<br />
che per noi accade è allora un po’ diverso. Possiamo ad esempio<br />
esprimerlo così: il lampo è la luminos<strong>it</strong>à del buio. In una s<strong>it</strong>uazione<br />
originaria, infatti, non è già stabil<strong>it</strong>o, non è già «incontrato»,<br />
che il buio è oscuro e il lampo luminoso. Questi caratteri<br />
emergono infatti in quell’esperienza (sono caratteri di<br />
quell’esperienza) e non possono e non devono esser presupposti.<br />
E si tratta di caratteri che stanno in una relazione di reciproc<strong>it</strong>à:<br />
è per il buio e in virtù del buio che il lampo è luminoso<br />
(non in sé). Se tutto fosse lampo e solo lampo, che ne sapremmo<br />
noi del luminoso? Bisogna oltrepassare le sbrigative «solidificazioni»<br />
del senso comune. Ecco che allora vediamo esattamente<br />
questo: che è il buio a rendere luminoso il lampo, o<br />
che dal buio il lampo ricava la sua luminos<strong>it</strong>à. Ovvero, in termini<br />
per noi più precisi: è dalla presenza del buio che il lampo<br />
trae la sua luminos<strong>it</strong>à.<br />
Il senso comune, comprensibilmente abbagliato, dice che però<br />
è il lampo, nell’esempio, la presenza. Ma noi gli facciamo<br />
notare: la presenza è duplice; perché ci sia il lampo che lampeggia<br />
ci vuole anche l’oscur<strong>it</strong>à. Questi due, poi, non stanno<br />
uno accanto all’altro, o uno esterno all’altro, ma si cost<strong>it</strong>uiscono<br />
reciprocamente. Il buio cost<strong>it</strong>uisce la luminos<strong>it</strong>à del lampo e<br />
il lampo è a sua volta la traccia o il segno del buio. Il lampo è<br />
infatti la rivelazione del buio, che non c’era prima, «in sé». Il<br />
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