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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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manifestarsi, rendersi chiaro e visibile in se stesso. Chiedeva<br />

Heidegger: qual è il luogo in cui compare il fenomeno, cioè la<br />

cosa stessa «in carne e ossa», secondo l’espressione di Husserl?<br />

È forse la coscienza? No, non lo è; quel luogo, abbiamo letto, è<br />

«l’essere dell’essente nella sua nonascos<strong>it</strong>à e nel suo nascondimento».<br />

Ora cominciamo a capire. Qui sta infatti la famosa radice<br />

della heideggeriana «differenza ontologica» tra essere ed ente.<br />

Il «phainomenon» è la cosa che si manifesta in se stessa<br />

(l’«ente»), ma ciò che fa sì che essa si manifesti (la luce, «phos»,<br />

l’essere) resta infine nascosto.<br />

Ciò non va però pensato nei termini della vecchia metafisica:<br />

dietro l’ente c’è un’altra «cosa» che sarebbe l’essere (il Dio creatore<br />

o il Deus abscond<strong>it</strong>us). Non si tratta, direbbe Nietzsche, di<br />

un «altro» : mondo dietro al mondo. La differenza dell’essere<br />

dall’ente è lo stesso i movimento di manifestazione, la stessa<br />

«kinesis», dell’ente. Movimento che toglie con la stessa mano<br />

con cui da. Ovvero: ciò che illumina anche oscura. L’essere si illumina<br />

come cavallo (direbbe Platone), ma così anche si oscura<br />

dietro il cavallo e la sua manifestazione cavallina. L’essere, infatti,<br />

non è cavallo (e per la stessa ragione non è neppure Dio, se<br />

Dio è pensato come il super-ente creatore). Che l’essere assuma<br />

il «senso» della cavallin<strong>it</strong>à è nel contempo un nonsenso, qualcosa,<br />

di non pensabile e di oscuro. Perché mai ci sono cavalli? Ma<br />

per via dell’evoluzione e della selezione naturale. E così abbiamo<br />

un nuovo super-ente creatore del cui senso non ha senso<br />

far domanda (la quale sarebbe a sua volta un prodotto dell’evoluzione,<br />

e, nello stesso tempo, ciò che consente di rispondere:<br />

ma diamine! «l’evoluzione»; cioè quel non-senso che acquista<br />

evolutivamente un senso nella parola «evoluzione»).<br />

Il pensiero m<strong>it</strong>ico non aveva questi problemi (forse) e non faceva<br />

tante storie (infatti non era «storico» il suo modo di pensare).<br />

Esso diceva che il cavallo era sacro o che era un Dio. E così<br />

era sacro il filo d’erba di cui parlava Kant, la spiga di grano e<br />

l’uomo stesso. E divina in sommo grado è la luce, naturalmente,<br />

il sole e le altre stelle. L’antropologo arriva da Parigi con i suoi<br />

strumenti e sotto sotto pensa che sono tutte superstizioni (sebbene<br />

si sforzi di ev<strong>it</strong>are l’ «eurocentrismo»): i cavalli sono animali<br />

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