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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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loro carattere di cost<strong>it</strong>utiva inesperibil<strong>it</strong>à. Si capisce che allora<br />

il mesto pensiero della van<strong>it</strong>à del vivere cap<strong>it</strong>a che si accompagni,<br />

contradd<strong>it</strong>toriamente e un po’ comicamente, con<br />

l’incoercibile irr<strong>it</strong>azione, come diceva un personaggio di Cechov,<br />

per il caffè troppo amaro di questa mattina, o per il pesce<br />

troppo salato del lunedì di Pasqua, come annotava caparbiamente<br />

il vecchio Kant nei fogli di appunti che cost<strong>it</strong>uiscono<br />

il suo celebre Opus postumum. In realtà la v<strong>it</strong>a è piena di sensi,<br />

buoni e cattivi, belli e brutti, ma l’uomo affl<strong>it</strong>to dalla superstizione<br />

del «senso assoluto» si rifiuta di prenderli in considerazione<br />

(benché di fatto e di continuo accan<strong>it</strong>amente se ne occupi)<br />

in quanto li svaluta dal punto di vista della sua «teoria» del<br />

senso.<br />

20. Il secondo livello di obiettivazione (che senza la voce non<br />

può ist<strong>it</strong>uirsi) concerne il saper cosa fare. Più esattamente ora<br />

dovremmo definirlo come il «saper cosa dire». Entro questo<br />

sapere si cost<strong>it</strong>uiscono i poli delle urgenze comuni e «pubbliche»<br />

che rimbalzano sui soggetti, cost<strong>it</strong>uentisi essi stessi nella<br />

intersoggettiv<strong>it</strong>à che pertiene al gesto vocale. Emergono allora<br />

le cose sapute: sapute in quanto dette nella articolazione della<br />

voce e perciò esse stesse corrispondentemente articolate. Non<br />

si tratta più delle obiettiv<strong>it</strong>à ag<strong>it</strong>e nella oscur<strong>it</strong>à del sapere come<br />

fare senza sapere cosa si fa; non si tratta più di una prassi cieca<br />

a se stessa le cui cose non sono neppure propriamente cose, ma<br />

piuttosto riempimenti affidati alla oscillante vaghezza del corpo-mondo,<br />

riempimenti non ben delim<strong>it</strong>ati e distanziati e sempre<br />

riaprentisi sull’onda delle nuove prassi sopraggiungenti.<br />

Da quando emerge la voce, invece, appare il fenomeno col<br />

suo sapere, cioè la cosa stessa in quanto cosa saputa. Da questo<br />

momento il fenomeno è sapere che appare. E questo momento<br />

è, ovviamente, anche il momento del nostro dire fenomenologico,<br />

per esempio del nostro alludere all’esperienza inconsapevole<br />

o al saper come fare senza sapere cosa si fa. Si potrebbe obiettare:<br />

ma allora il bambino che ancora non sa parlare non fa propriamente<br />

esperienza? L’obbiezione, però, non ha evidentemente<br />

fatto attenzione a ciò che si è detto. Ridiciamolo così: ogni<br />

volta che parliamo di esperienza, ne parliamo a questo livello,<br />

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