CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it
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intellettuale per credere ancora nella razional<strong>it</strong>à all’Europa, delle<br />
sue ist<strong>it</strong>uzioni e dei suoi saperi.<br />
Husserl aveva nel suo studio una riproduzione di una celebre<br />
stampa di Dührer, alla quale teneva molto. Essa raffigura il cavaliere,<br />
morte e il diavolo e Husserl ravvisava nel cavaliere una<br />
immagine allegorica dell’«eroismo della ragione», cioè della lotta<br />
della filosofia per il senso della v<strong>it</strong>a. Chiuso nella sua corazza,<br />
la mascella contratta lo sguardo fisso davanti a sé, il cavaliere<br />
passa tra i due grandi pericoli e le due grandi tentazioni che lo<br />
minacciano: la morte e il diavolo. Il cavaliere non si arrende, tira<br />
dir<strong>it</strong>to, senza cedimenti, cioè senza «franare» nella disperazione<br />
nichilistica e scettica. Questa immagine viene, agli occhi del<br />
vecchio Husserl, una specie di metafora del comp<strong>it</strong>o della fenomenologia.<br />
Tale comp<strong>it</strong>o, dice qui Husserl, consiste nel «portare<br />
la ragione latente all’autocomprensione, alla comprensione<br />
delle proprie possibil<strong>it</strong>à». Si tratta, nientemeno, che di<br />
realizzare la vera metafisica, cioè la filosofia universale; si<br />
tratta di addentrarsi con coraggio «sulla via laboriosa della<br />
sua realizzazione». Il vecchio Husserl, si potrebbe osservare,<br />
parla come Hegel di una ragione in sé, di una ragione nascosta,<br />
che deve diventare in sé e per sé, ovvero ragione manifesta<br />
(e in effetti solo tardi Husserl si rese conto della sua vicinanza<br />
alla fenomenologia di Hegel, il che potrebbe spiegare<br />
quelle assonanze con Marx delle quali si diceva). Solo se la<br />
ragione latente viene alla luce e viene compresa in una filosofia<br />
universale, dice Husserl, «sarà possibile decidere se<br />
quel telos che è innato nell’uman<strong>it</strong>à europea dalla nasc<strong>it</strong>a<br />
della filosofia greca, e che consiste nella volontà di essere<br />
un’uman<strong>it</strong>à fondata sulla ragione filosofica e sulla coscienza<br />
di non poterlo essere che così, nel movimento infin<strong>it</strong>o dalla<br />
ragione latente alla ragione rivelata e nel perseguimento infin<strong>it</strong>o<br />
dell’autonormativ<strong>it</strong>à attraverso questa sua ver<strong>it</strong>à e autentic<strong>it</strong>à<br />
umana, sia una mera follia storico-fattuale, un conseguimento<br />
casuale di un’uman<strong>it</strong>à casuale in mezzo ad altre<br />
uman<strong>it</strong>à e ad altre storic<strong>it</strong>à completamente diverse, oppure se<br />
piuttosto nell’uman<strong>it</strong>à greca non sì sia rivelata quell’entelechia<br />
che è propria dell’uman<strong>it</strong>à come tale».<br />
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