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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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cioè al livello del sapere che appare. Ma il fatto che ne parliamo<br />

non esclude che ci sia un livello di esperienza che non parla.<br />

Tuttavia, quando parliamo, questo è il livello, anche dell’esperienza<br />

che non parla, la quale viene quindi detta e saputa del<br />

tutto leg<strong>it</strong>timamente. E se si pone il problema di ciò che è altro<br />

e, per così dire, precede l’esperienza del dire, non c’è che ribadire<br />

che questo problema si pone appunto nell’amb<strong>it</strong>o del dire<br />

questo problema.<br />

In altri termini, non c’è qui alcuna gabbia linguistica o impossibil<strong>it</strong>à<br />

della parola e del pensiero, come oggi sembrano credere<br />

in tanti. C’è semplicemente una rigorosa fedeltà al fenomeno, al<br />

suo manifestarsi e ai modi del suo farsi fenomeno del sapere e<br />

per il sapere. Che il cibarsi «preceda» la parola che nomina il<br />

cibo o che la terra «preceda» la scienza geologica (per esemplificare<br />

con due banal<strong>it</strong>à spesso ricorrenti) non toglie e non cambia<br />

il fatto che quelle esperienze emergano qui come fenomeno,<br />

cioè come fenomeno detto e saputo. Questa non è una «teoria»<br />

dell’esperienza, ma l’esibizione, certo incompleta, sommaria e<br />

frammentaria, delle modal<strong>it</strong>à di manifestazione dell’esperienza<br />

e del connesso fenomeno della gestual<strong>it</strong>à vocale. Esibizione che<br />

si deve francamente dichiarare incontrovertibile (sino a che, almeno,<br />

non si mostri il contrario con ancor più incontrovertibili<br />

esibizioni), sfidando serenamente la moda dei nostri giorni che<br />

non ama le affermazioni perentorie, o semplicemente responsabili,<br />

e ama invece i discorsi relativistici e gli atteggiamenti<br />

di finta modestia ermeneutica. Moda curiosa, se la sua<br />

virtù consiste nell’ammettere implic<strong>it</strong>amente di non sapere che<br />

cosa propriamente si dice, e tuttavia nel dirlo lo stesso.<br />

Da tutto quello che abbiamo detto dobbiamo ora prendere le<br />

mosse per descrivere un terzo livello del sapere, e della connessa<br />

obiettivazione, livello che sarà finalmente decisivo per sciogliere<br />

molti nodi del nostro cammino.<br />

21. Abbiamo compreso, sia pure in linea molto generale, come,<br />

in forza dei due primi livelli del sapere (saper come e saper cosa,<br />

ovvero saper dire), si venga ordinando la complessa esperienza<br />

del mondo-della-v<strong>it</strong>a, ab<strong>it</strong>ata dalle sue prassi e dai suoi comuni<br />

saperi. Il mondo diviene così quell’orizzonte e quello «spettaco-<br />

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