CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it
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metter capo a un astratto e ozioso speculare, come spesso si è<br />
detto, con molta superficial<strong>it</strong>à, a propos<strong>it</strong>o della metafisica<br />
antica; al contrario, l’uman<strong>it</strong>à filosofica sospende la prassi allo<br />
scopo di ist<strong>it</strong>uire un’altra prassi. Scrive Husserl: «Tutto<br />
ciò assume la forma di una prassi di nuovo genere, di una<br />
cr<strong>it</strong>ica universale di qualsiasi v<strong>it</strong>a e di qualsiasi fine della v<strong>it</strong>a».<br />
I sofisti, per esempio, con la loro eristica e con la loro<br />
retorica, mettevano in evidenza le contraddizioni tra i costumi<br />
e le credenze religiose dei vari popoli, la relativ<strong>it</strong>à delle<br />
leggi e l’opportun<strong>it</strong>à dì modificarle secondo nuovi cr<strong>it</strong>eri di<br />
efficienza e di valid<strong>it</strong>à. È così già in cammino quella prassi<br />
di nuovo genere che, a partire da Platone, mira a innalzare<br />
l’uomo alla comprensione «cr<strong>it</strong>ica» di una ragione universale<br />
e di un concetto «scientifico» di ver<strong>it</strong>à. Ne deriva un’uman<strong>it</strong>à<br />
radicalmente ined<strong>it</strong>a, capace dì un’assoluta responsabil<strong>it</strong>à<br />
verso se stessa, non solo in senso conosc<strong>it</strong>ivo, ma anche religioso<br />
e sociale: capac<strong>it</strong>à che si sviluppa per tutta la storia<br />
degli europei e la governa dal profondo. La stessa divin<strong>it</strong>à,<br />
per esempio, diviene oggetto di una «ricerca» infin<strong>it</strong>a, cioè<br />
motiva un «sapere», sino ad allora inconcepibile, di tipo «teoretico»<br />
e «scientifico», come la parola «teologia» fa intender<br />
da sé.<br />
Tutto ciò, dice Husserl, ha la sua radice nell’atteggiamento<br />
che nasce dal thaumazein, dalla «meraviglia», che infatti già<br />
Platone e Aristotele indicano come origine della filosofia. La<br />
nostra è un’uman<strong>it</strong>à che per la prima volta si stupisce di<br />
fronte all’»ente in total<strong>it</strong>à»; stupore nei confronti del tutto<br />
che l’uomo del m<strong>it</strong>o non conosce (anche se a sua volta e a<br />
suo modo si stupisce, diceva Aristotele). L’uomo del m<strong>it</strong>o è<br />
piuttosto caratterizzato dalle sue incombenze «fin<strong>it</strong>e»: fare il<br />
sacrificio perché arrivi la pioggia, immolare la v<strong>it</strong>tima nel<br />
campo perché crescano le messi e così via. L’uomo del m<strong>it</strong>o<br />
ha più certezze che non stupori e domande. Sa che si è sempre<br />
fatto così e crede che sia bene continuare a farlo. È invece<br />
l’uman<strong>it</strong>à filosofica che è presa dal «puro» piacere e desiderio<br />
di conoscere, diceva Aristotele. L’uomo diviene così,<br />
come scrive Husserl con un’espressione famosa, uno «spetta-<br />
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