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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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Ciò accade perché sono sempre in un’un<strong>it</strong>à che precede la traccia.<br />

Salvo però questa precisazione che è fondamentale e che va<br />

tenuta sempre ben presente: io sono in un’un<strong>it</strong>à precedente la<br />

traccia, ma questo è vero solo nella traccia e a partire dalla<br />

traccia. In altri termini: io sono in un<strong>it</strong>à col mondo, ma solo<br />

quando vi sono come separazione. Vale a dire nella prassi.<br />

In una supposta semplice un<strong>it</strong>à io non sono e niente è: come il<br />

bambino nel ventre della madre, nella condizione in cui<br />

l’esperienza, per lui, è nulla. Che c’è un «lui» che sta nel ventre<br />

materno siamo noi a dirlo, dall’esterno. Per il bambino invece il<br />

venire all’esperienza accade solo nel momento della lacerazione<br />

e indubbiamente ogni lacerazione è a suo modo una nasc<strong>it</strong>a e<br />

ogni nasc<strong>it</strong>a una lacerazione. Sia che ciò accada visibilmente<br />

con l’azione del parto, sia che ciò accada anche prima, quando<br />

il bambino, ancora nel ventre materno, comincia a essere una<br />

un<strong>it</strong>à percipiente propria, che per esempio «avverte» il batt<strong>it</strong>o<br />

del cuore materno e «reagisce» a esso assumendolo come segno<br />

del suo stesso esserci.<br />

Ma si tratta appunto di una lacerazione posticcia, non totale;<br />

si tratta di una negazione relativa, non assoluta. La lacerazione<br />

fornisce così letteralmente la «traccia» che indica «come fare»<br />

per r<strong>it</strong>rovare, per rintracciare la madre, al di là di ogni batt<strong>it</strong>o o<br />

al di là di ogni comparizione; come rintracciare la madre o più<br />

in generale il mondo. La traccia diviene così anche la mappa del<br />

percorso grazie al quale l’altro viene raggiunto. Raggiunto ma<br />

mai assimilato. Compreso ma, proprio per ciò, anche tenuto a<br />

distanza o re<strong>it</strong>erato nella distanza.<br />

La prassi sfrutta, per potersi ist<strong>it</strong>uire, proprio l’evento della<br />

nasc<strong>it</strong>a. Non solo nel senso della nasc<strong>it</strong>a del bambino; ma nel<br />

senso per cui ogni evento è una nasc<strong>it</strong>a, ovvero è la nasc<strong>it</strong>a, declinata<br />

nei suoi significati e indeclinabile nel suo senso onnipervasivo.<br />

In questo senso siamo sempre, come bambini e lattanti,<br />

la messa in esercizio della relazione originaria e della sua<br />

oscillazione essenziale: pieno-vuoto, dentro-fuori. Le nostre urgenze<br />

mutano significato, cioè si cost<strong>it</strong>uisco-no in funzione di<br />

altri «oggetti», di altre sembianze e di altri segni: succhiamo sigari<br />

e sigarette e così via. Ma sempre e comunque si produce<br />

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