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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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Heidegger non avrebbe fatto altro che med<strong>it</strong>are sulla impasse<br />

fenomenologica? È plausibile, se la fenomenologia non è altro,<br />

come dice, che la questione stessa del pensiero e del pensiero<br />

dell’essere. Ma è nel contempo poco comprensibile e una cosa<br />

tutta da chiarire, se ciò significa leggere «fenomenologicamente»<br />

la complessa terminologia, il tortuoso cammino di pensiero<br />

del cosiddetto «secondo Heidegger». Che vi è più, qui, di riconoscibilmente<br />

fenomenologico? Oppure dobbiamo pensare che<br />

nel ‘63 Heidegger si sia lasciato andare, sull’onda dei ricordi e<br />

per l’occasione celebrativa dell’ed<strong>it</strong>ore, ad affermazioni eccessivamente<br />

lusinghiere e compiacenti? Il tono, la profond<strong>it</strong>à e la<br />

puntual<strong>it</strong>à delle affermazioni, la stessa aggiunta successiva,<br />

sembrano smentire una simile scappatoia. E l’argomento stesso<br />

stava troppo a cuore a Heidegger per supporre che egli si consentisse<br />

di parlarne alla leggera.<br />

Resta il fatto: Heidegger ha, al tempo stesso, ripudiato e rivendicato<br />

la fenomenologia. Ne ha ripudiato la ver<strong>it</strong>à storica e ne ha<br />

rivendicato la questione di pensiero. Che cosa ciò significhi in<br />

ultimo e in ver<strong>it</strong>à non è facile deciderlo.<br />

5. Quando Husserl si recò a Vienna per tenervi una conferenza<br />

che diventerà, con quella di Praga, 11 germe della sua ultima<br />

opera, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale,<br />

era un uomo di 76 anni, già usc<strong>it</strong>o dai ruoli dell’insegnamento<br />

accademico. Era ancora famoso, sebbene un po’<br />

in declino rispetto all’attual<strong>it</strong>à culturale, dominata dall’esistenzialismo,<br />

dal neopos<strong>it</strong>ivismo, dal marxismo, dal neoidealismo;<br />

ma era pur sempre il grande Husserl che con la sua fenomenologia<br />

aveva fatto a lungo parlare di sé, nonostante il carattere schivo<br />

e severo, indifferente alla fama pubblica. Fu probabilmente<br />

per queste ragioni che Husserl si trovò di fronte, inaspettatamente,<br />

un grande pubblico. In una lettera di quei giorni, scr<strong>it</strong>ta al discepolo<br />

Roman Ingarden, disse: «Credevo dì dover fare semplicemente<br />

una conferenza, così improvvisai un po’. Che mai potevo<br />

dire in una breve conferenza? Ma il pubblico ebbe una tale<br />

reazione di entusiasmo che mi pregarono di continuare. Mi ero<br />

preparato per parlare un’ora; dovetti parlare per due ore e<br />

mezza. Non ancora contenti, vollero che tornassi due giorni<br />

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