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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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invece a una ricostruzione genetica rigorosa dell’«evidenza» del<br />

sapere comune stesso.<br />

Ma proprio per far ciò l’analisi fenomenologica deve essere a<br />

sua volta molto sapiente. Deve saper domandare in modo socratico<br />

e deve saper guardare con una genuin<strong>it</strong>à priva di pregiudizi.<br />

Il che comporta anche una notevole capac<strong>it</strong>à di «scavo» entro il<br />

senso delle comuni parole, sino a forzarle a esprimere ciò che<br />

va molto al di là del loro senso comune: fenomeno, traccia, evento,<br />

segno, indice, prospettiva, articolazione, scr<strong>it</strong>tura e così<br />

via. A questo punto il soggetto fenomenologico non può lim<strong>it</strong>arsi<br />

a dire: io ho rigorosamente descr<strong>it</strong>to come il fenomeno accade<br />

da sé; e quanto al soggetto fenomenologico stesso e ai suoi<br />

saperi, alle sue prassi volte a sapere, cancellarsi invece nascostamente<br />

della scena: comportamento che sarebbe il colmo della<br />

disonestà o dell’errore fenomenologici. Ho descr<strong>it</strong>to l’evento<br />

stesso; sia pure. Ma io, col mio sapere che ha descr<strong>it</strong>to, sono a<br />

mia volta dentro la scena, non fuori di essa. Altrimenti cadrei<br />

nella più ovvia delle ovvietà del senso comune, che prende per<br />

vero in senso assoluto quel passo indietro che esso si figura di<br />

fare per agire e avere il mondo come luogo e spettacolo delle<br />

sue azioni. Io che agisco non si sa dove sia, ma è opportuno, per<br />

il successo stesso della prassi, non starci a pensare e caso mai<br />

supporre che io non sia in quel mondo che tratto praticamente<br />

come un oggetto. Infatti, come si sa, «ho l’anima» ed è qui che<br />

«io» sto.<br />

Questo passo indietro che sempre compie la prassi ha in fondo<br />

una sua leg<strong>it</strong>tim<strong>it</strong>à: esso infatti si fonda sul rimbalzo stesso della<br />

ge-stual<strong>it</strong>à originaria, la quale ci da il mondo, l’«esterno», e simultaneamente<br />

ci rimbalza indietro rispetto a esso, configurandoci<br />

come l’« interno». Già, ma noi volevamo appunto vedere<br />

questo agire del gesto, e non essere ag<strong>it</strong>i da lui inconsapevolmente,<br />

così da cancellarcelo davanti agli occhi quando si tratta<br />

di quello stesso gesto che ist<strong>it</strong>uisce il nostro vedere fenomenologico.<br />

Non possiamo perciò togliere dallo schermo della presenza<br />

tutte le nostre parole, tutti i nostri saperi, e quel privilegio di posizione<br />

che ci siamo assegnati per eserc<strong>it</strong>are lo sguardo feno-<br />

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