CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it
CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it
CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
presenza, potremmo dire, o «semplicemente» in presenza); da<br />
un altro lato vi sta, ma a determinate condizioni. Cioè alle condizioni<br />
enunciate dalla fenomenologia, che ci inv<strong>it</strong>a con esse a<br />
lasciarlo essere perché si manifesti da sé. Ma «chi», «che cosa»<br />
non lascia?<br />
È evidente che innanzi tutto e per lo più c’è un non lasciare,<br />
altrimenti gli inv<strong>it</strong>i a lasciare non avrebbero senso. Ma che significa<br />
propriamente «non lasciare»? Che cosa «in noi» non lascia?<br />
E infine: si può non lasciare? Siamo noi, rispetto alla ver<strong>it</strong>à,<br />
così importanti, attivi ed efficaci, che possiamo lasciare o<br />
non lasciare? Qual è il fondamento di possibil<strong>it</strong>à di quel «non»<br />
? Come si sa, spiegare la negazione non è cosa in filosofia di<br />
poco conto. Platone, Plotino, Agostino, oppure Leibniz e Hegel<br />
ne sapevano qualcosa. Ma noi cerchiamo ancora una volta un<br />
aiuto dai nostri due maestri.<br />
3. La presenza, direbbe Husserl, è certamente una struttura assai<br />
complessa, non foss’altro perché è incentrata sulle intenzional<strong>it</strong>à<br />
temporali della coscienza; sicché nel presente c’è sempre anche<br />
il passato, grazie alla r<strong>it</strong>enzione e alla rimemorazione, e c’è<br />
il futuro, in virtù delle anticipazioni protensive e degli atti previsionali.<br />
Inoltre nella presenza ci siamo anche noi; anzi, soprattutto<br />
noi, in quanto ogni presenza è una relazione intenzionale<br />
noetico-noematica: atti di coscienza e «cose» correlativamente<br />
intenzionate.<br />
Da tutto ciò deriva che la possibil<strong>it</strong>à di «non lasciare» dipende<br />
dalla relazione intenzionale stessa e si fonda su di essa. La coscienza,<br />
infatti, è sempre coscienza di qualche cosa; e allora va<br />
da sé che essa può prendersi cura della cosa presente, come anche<br />
può non prendersene cura. Ciò dipende dal raggio<br />
dell’attenzione intenzionale e dal tipo di «interesse» che la caratterizza<br />
(in presa diretta, in presa riflessa e così via). Qualcosa<br />
di simile a ciò che accade quando, distratti da altri interessi, non<br />
prestiamo un reale ascolto a chi ci parla, sicché poi non ne sapremmo<br />
riferire parola; oppure ascoltiamo attentamente e ricordiamo<br />
esattamente ciò che ci viene detto. C’è insomma una diversa<br />
«qual<strong>it</strong>à» della presenza; ci sono sfondi e primi piani, oppure<br />
secondi e terzi, e così via.<br />
127