CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it
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CAPITOLO QUINTO L’ESERCIZIO DEL SOGGETTO<br />
1. LA PRESENZA, dunque, è un’oscillazione, è un rimando e<br />
un’urgenza dall’uno all’altro. L’incatenamento dell’uno<br />
all’altro è però nel contempo la loro separazione; sicché la<br />
dual<strong>it</strong>à è anche una scelta, una focalizzazione, un rimando che<br />
dice no ad altro nel momento stesso in cui lo include (lo nega<br />
includendolo, lo include negandolo). Questo non è poi altro<br />
che l’evento della cosa stessa in quanto traccia e come traccia.<br />
Il che significa che proprio la separazione altro non è che un<br />
tracciare e un segnare. Di questo tracciare noi tematizziamo il<br />
momento originario dell’evento, vale a dire quella gestual<strong>it</strong>à<br />
prim<strong>it</strong>iva che disegna il mondo e descrive la cosa. In tale gestual<strong>it</strong>à<br />
noi miriamo alla articolazione originaria: l’articolazione<br />
del mondo nella sua oscillazione; cioè quel frangersi del<br />
mondo che è nel contempo un rifrangersi sul corpo della gestual<strong>it</strong>à<br />
vivente, separata e insieme inclusa nel mondo.<br />
Ecco che allora il corpo si pone al centro della nostra attenzione,<br />
come via di accesso alla questione fenomenologica essenziale<br />
(«come mi è dato il mondo?»). Sicché ci apriamo la<br />
via anz<strong>it</strong>utto, chiedendo: il corpo, il mio stesso corpo, come mi<br />
è dato? Il riferimento al corpo è così la via regia per entrare in<br />
relazione con i fenomeni in generale, come del resto già Husserl<br />
e poi Merleau-Ponty sapevano.<br />
Come ho dunque quell’avere che è avere un corpo, nel senso<br />
del mio corpo proprio vivente (Leib)? L’incontro fenomenologico<br />
col corpo pone immediatamente in causa le correlative<br />
nozioni di interno ed esterno; correlative nello stesso senso in<br />
cui parlammo di luce-tenebre, pieno-vuoto e così via.<br />
L’esperienza del corpo che ci viene incontro innanzi tutto e per<br />
lo più è infatti quella di esserci collocati dentro. Esattamente<br />
come tutti pensiamo di stare «dentro» il mondo. E in riferimento<br />
a questa collocazione che tutti r<strong>it</strong>eniamo ovvia l’esistenza del<br />
«fuori» e cioè del mondo cosiddetto «esterno».<br />
Se però interroghiamo queste ovvietà, esse sub<strong>it</strong>o si complicano.<br />
Già Kant, in uno scr<strong>it</strong>to precr<strong>it</strong>ico, si chiedeva, in modo<br />
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