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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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starci. Sicché se le nostre frasi trasmettono l’idea di una osservazione<br />

della presenza «da fuori», esse sono inadeguate e non è<br />

questo che possono voler dire.<br />

Ma non possiamo neppure voler dire propriamente che la presenza<br />

si manifesterebbe da sé, se noi la lasciassimo essere; ma<br />

poiché non la lasciamo essere, ecco che la presenza allora non si<br />

manifesta nella sua purezza. Infatti tutti questi verbi attivi attribu<strong>it</strong>i<br />

alla presenza non hanno senso alcuno. Ciò che si vuoi dire<br />

è evidentemente altra cosa o è cosa più complessa. Analogamente<br />

l’idea che siamo noi che ricopriamo la presenza con i nostri<br />

pregiudizi o altro ancora è di certo male espressa. Con che ricopriremmo<br />

infatti la presenza se non con qualcosa che è a sua<br />

volta nella presenza e in presenza? Se c’è qualcosa che è sicuramente<br />

presente è il ricoprimento della presenza. Il quale però<br />

non sarebbe la presenza (pura e semplice), sicché è un ben oscuro<br />

enigma capire come la presenza verrebbe ricoperta da qualcosa<br />

che sta nella presenza senza essere la presenza.<br />

Non formalizziamoci troppo con tutte queste difficoltà. Esse<br />

hanno solo lo scopo di mostrare che il semplice uso di formule<br />

fenomenologiche non è di per sé una garanzia di star davvero<br />

compiendo l’esercizio fenomenologico. Non basta dire qualcosa<br />

di vagamente «filosofico» per potersi lusingare di star pensando<br />

filosoficamente; se non si pongono domande su quel che si dice<br />

e non ci si chiede se si sa davvero quel che si dice, nessun pensare<br />

filosofico è ancora entrato in gioco (è incredibile però<br />

quanto questo vizio sia diffuso).<br />

Ma ora concentriamoci invece su una difficoltà effettiva e sostanziale<br />

e faremo allora, finalmente, un passo avanti.<br />

Sembra che l’invocazione continua del nostro dire sia rivolta a<br />

una presenza che dovrebbe essere semplice, pura e immacolata:<br />

lei stessa, così com’è in sé, per sé e da sé, e niente altro che la<br />

ricopra. Come questa presenza pura sarebbe però diversa da<br />

«niente»? La pura immediatezza, diceva Hegel, è uguale a niente<br />

del tutto. Se l’inv<strong>it</strong>o a lasciar essere la presenza così com’è<br />

equivale all’inv<strong>it</strong>o a una pura presenza non contraffatta e non<br />

deturpata da altro, in realtà questo è un inv<strong>it</strong>o al niente affatto.<br />

E d’altronde pacifico che la presenza non possa mai essere<br />

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