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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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e della riflessiv<strong>it</strong>à dello sguardo e della voce fenomenologicamente<br />

atteggiati? Che senso ha, per esempio, dire che la<br />

prassi del bambino, toccando e succhiando, fa accadere questo<br />

e quello al bambino stesso e al suo mondo circostante? E questa<br />

una fenomenologia dell’esperienza del bambino o non è<br />

piuttosto, più propriamente, una fenomenologia del nostro sapere<br />

descr<strong>it</strong>tivo rivolto al bambino? Il bambino, infatti, che ne<br />

«sa» delle nostre descrizioni fenomenologiche che dicono, o<br />

hanno la pretesa di dire, ciò che lui fa «propriamente»?<br />

Avevamo detto di voler vedere l’evento della cosa stessa nel<br />

suo farsi fenomeno. Avevamo avanzato in propos<strong>it</strong>o l’immagine<br />

della linea orizzontale e della linea verticale di tale evento,<br />

e ci eravamo poi concentrati su quest’ultima, cioè su<br />

quel momento dell’evento che è urgenza e separazione. Ciò<br />

corrisponde, nel nostro disegno, alla linea circolare tratteggiata:<br />

rifrangersi che è un tracciare e un profilare. La prospettiva del<br />

mondo si articola cioè entro le gestual<strong>it</strong>à originarie, che possono<br />

intendersi come una sorta di «scr<strong>it</strong>tura» del mondo. La fenomenologia<br />

ci si viene traducendo in una «fenomenogra-fia».<br />

E proprio questo tracciare e rintracciare che consente la comprensione<br />

della relazione tra fenomeno ed evento del fenomeno,<br />

o tra la cosa stessa e il suo accadere come fenomeno. Questo<br />

accadere è l’accadere stesso del segno e della traccia, che si<br />

danno, al tempo stesso, in un<strong>it</strong>à con la cosa (col suo evento) e<br />

in una differenza interna (la cosa è tale solo in quanto segno di<br />

sé, cioè rimando e distanza, evento della differenza).<br />

Ora però non possiamo più accontentarci di questa semplice<br />

(così per dire...) formulazione. Come possiamo parlare<br />

dell’evento dell’afferrare di un bambino in fasce, oppure, in<br />

tutt’altro contesto, della esplosione di una supernova, come accadere<br />

stesso del fenomeno? In che senso questi eventi sono<br />

un farsi fenomeno da se stessi e di se stessi? Perché qualcosa<br />

si faccia fenomeno è necessaria, come abbiamo visto, quella<br />

anamnesi del sapere che abbiamo sin qui illustrato; senza di<br />

che nulla appare o si fa fenomeno. È per tale anamnesi del sapere<br />

fenomenologico che l’afferrare del bambino assume i<br />

sensi che noi diciamo. Cose del tutto analoghe dovremmo dire<br />

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