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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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me», il che significa nel suo «essere» vero, quell’essere che risuonò<br />

primieramente nella parola inconsapevole di Parmenide<br />

(inconsapevole dei suoi successivi sviluppi), ma recuperato al di<br />

là dei fraintendimenti della tradizione e dell’oscuramento che<br />

forse lo accompagnò sin dall’origine, come però la fenomenologia<br />

può davvero «superare» la metafisica che obiettiva ed entifica<br />

l’essere e così lo oblia? In quanto la fenomenologia resta<br />

nell’amb<strong>it</strong>o della questione dell’essere e ne ripete i termini (la<br />

corrispondenza tra essere e pensare), essa procede bensì verso il<br />

recupero della evidenza dell’essere (sia che la attinga sia che<br />

non la attinga), ma per ciò stesso non può porre davvero la questione<br />

del «senso» dell’essere (o la questione del senso del senso,<br />

come in precedenza la chiamammo). Non la può porre davvero<br />

perché tale questione non concerne soltanto l’evidenza ultima<br />

di ciò che l’essere sarebbe, al di là del suo fraintendimento<br />

e del suo oblio; prima ancora deve concernere la comprensione<br />

dell’evento e del senso del suo evento appunto come «essere» e<br />

come «questione dell’essere». Si tratta, in altre parole, di comprendere<br />

il «gesto» che ha determinato l’insorgere della questione<br />

che doveva risultare decisiva per il destino «razionale»<br />

dell’uman<strong>it</strong>à europea, destino che si rende planetario nell’età<br />

della scienza e della tecnica. Solo una siffatta comprensione,<br />

una siffatta capac<strong>it</strong>à di «domandare», potrebbe aspirare ad avere<br />

la metafisica al suo interno.<br />

Ciò non può accadere semplicemente «ripetendo» la questione<br />

dell’essere nei suoi stessi termini, per quanto tale ripetizione<br />

aspiri a esser radicale nel suo domandare. La questione del senso<br />

dell’essere come questione dell’evento di questo senso stesso<br />

e dei suoi termini defin<strong>it</strong>i non può che stare altrove da ciò che la<br />

metafisica dice, cioè altrove dall’essere e dalla sua corrispondenza<br />

col pensare, se pensare è appunto fondarsi sulla rivelazione<br />

dell’essere, sul suo manifestarsi originario. Ma così questa<br />

rivelazione stessa, l’evento di essa, non viene pensata, in<br />

quanto e piuttosto il pensiero le si subordina e in essa si autodelim<strong>it</strong>a.<br />

Dal punto di vista della metafisica, cioè entro il suo orizzonte,<br />

l’evento rivelativo dell’essere «non può» venir «pensato»,<br />

come infine Heidegger doveva coerentemente concludere.<br />

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