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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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gliata dei paraggi corporei, aperti dal tatto nella sua relazione col<br />

mondo, e del mondo come «mondo alla mano» o mondo circostante<br />

del toccare. Oppure supponiamo che la bocca succhi e ispezioni<br />

la sapidezza di quello che introietta, la sua forma e consistenza<br />

ecc. O ancora che il naso ispiri e poi espella questo<br />

freddo-caldo dell’aria che diciamo esterna e che tuttavia nel respiro<br />

ci tiene in una osmosi inscindibile di corpo e mondo, interno<br />

ed esterno, proprio ed estraneo. Ora, in tutte queste prassi che<br />

stiamo esemplificando non c’è traccia di sapere. Si potrebbe osservare:<br />

staremmo freschi se dovessimo avere un sapere per poter<br />

afferrare, succhiare, respirare, guardare ecc. La prassi non ne<br />

ha bisogno. A questi livelli essa non si ist<strong>it</strong>uisce in base a un sapere.<br />

In principio è l’azione. Quindi stiamo descrivendo qualcosa<br />

che accade non avendo come fondamento alcun sapere. E in<br />

questo senso è un agire, non un sapere.<br />

Se la cosa sta così, ne deriva allora la seguente conseguenza:che<br />

quando parliamo dell’evento di quelle tracce o segni che,<br />

rimbalzando, fanno accadere il mondo di là e il corpo di qua, la<br />

cosa, la distanza e tutto il resto, ciò che diciamo sarà verissimo<br />

e avrà un senso per noi che la verifichiamo fenomenologicamente<br />

e genealogicamente in base agli incontri che in ogni istante<br />

sperimentiamo col mondo e con le cose del mondo entro i<br />

nostri peculiari percorsi; ma questa ver<strong>it</strong>à, che è tale e ha senso<br />

per noi, non è affatto una ver<strong>it</strong>à e un senso che possa leg<strong>it</strong>timamente<br />

attribuirsi al gesto che semplicemente agisce. Il che, per<br />

l’atteggiamento fenomenologico nel quale ci siamo posti, è un<br />

problema del quale non possiamo non farci carico. E si tratta<br />

poi di un problema ancor più generale che investe il senso di<br />

ogni «sapere», così come siamo ab<strong>it</strong>uati a considerarlo.<br />

12. Se ci riportiamo all’esempio tante volte evocato del bambino<br />

molto piccolo che tocca, succhia, ecc., con che leg<strong>it</strong>tim<strong>it</strong>à<br />

(dobbiamo chiederci) possiamo dire: vedete, ecco che in quelle<br />

gestual<strong>it</strong>à si sta cost<strong>it</strong>uendo per lui la relazione interno-esterno,<br />

si viene aprendo l’«indicabil<strong>it</strong>à» del corpo e del mondo, il farsi<br />

fenomeno della cosa nella traccia, e così via? E forse questo,<br />

questo che stiamo dicendo, ciò che il bambino propriamente esperisce?<br />

In ver<strong>it</strong>à, egli non ne «sa» nulla; e neppure propria-<br />

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