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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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18. Il nuovo atteggiamento inaugurato dalla Krisis è descr<strong>it</strong>to da<br />

Husserl come un «rivolgimento universale degli interessi» (qualcosa<br />

di simile, come sappiamo, a una «conversione religiosa»).<br />

Rivolgimento che la filosofia da sempre invoca, senza peraltro<br />

poterlo mai attuare in modo defin<strong>it</strong>ivo e col rigore necessario. Si<br />

tratta infatti di dare un nuovo impulso alla intenzional<strong>it</strong>à della v<strong>it</strong>a:<br />

essa è normalmente rivolta alla fruizione delle cose del mondo,<br />

e in questo senso è perduta nel mondo (nel «mondano»). Ma<br />

questa intenzional<strong>it</strong>à può essere richiamata indietro, rivolta e rest<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a<br />

al suo «come» originario, alla sua domanda e al suo stupore.<br />

Essa si inibisce così di procedere oltre, poiché ciò che vuole<br />

è «sapere» e non soltanto vivere («senza chiarezza non posso<br />

vivere», scrisse Husserl nel suo diario).<br />

Le decisione di «sapere» (sapendo di non sapere), donde origina<br />

tutto il progetto razionale dell’Occidente, si specifica ora come<br />

la domanda sul «come universale di ogni dat<strong>it</strong>à». Io che ho<br />

sempre il mondo, io che sono l’intenzional<strong>it</strong>à incarnata verso il<br />

mondo e che non ho nessuna esperienza se non in quanto esperienza<br />

del mondo e dei suoi fenomeni (siano essi cose, opinioni,<br />

credenze morali, religiose o d’ogni genere, prodotti dell’arte oppure<br />

della tecnica, teorie scientifiche, sentimenti, propos<strong>it</strong>i o altro<br />

ancora), io infine mi chiedo: questo mondo come mi è dato? come<br />

le sue dat<strong>it</strong>à sempre di nuovo mi si impongono costringendomi<br />

a questo e a quello? Per dare corso alla domanda devo appunto<br />

«rivolgere i miei interessi», non restare sommerso e catturato,<br />

«preso» dal mondo, ma distogliermene, devo pormelo di<br />

fronte nell’atteggiamento dello «spettatore disinteressato». In<br />

questo senso devo operare una «negazione del mondo» (Weltvernichtung),<br />

che non significa naturalmente né «rifiuto» né «distruzione<br />

del mondo» (come qualcuno, anni fa, spassosamente equivocò).<br />

Non è il mondo che devo cancellare (non esiste del resto il<br />

pericolo che possa riuscirci), ma la mia credenza «naturalistica»<br />

relativa alla sua esistenza in sé. Devo, «in un colpo solo», lasciar<br />

cadere la convinzione naturale e comune della «esistenza» del<br />

mondo, così che questa esistenza riemerga di nuovo come problema.<br />

La «tesi di esistenza» del mondo è infatti all’inizio solo<br />

un pregiudizio, è quella ovvietà di tutte le ovvietà che mi caratte-<br />

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