CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it
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in sé, per esempio alla maniera kantiana. Questa distinzione è<br />
possibile se, ponendo il soggetto umano da una parte e gli enti<br />
«naturali» dall’altra, ci si chiede, in forza di questa preventiva<br />
distinzione assunta come ovvia, quale sia il rapporto tra le immagini<br />
e i pensieri che l’uomo nutre circa gli enti e la cost<strong>it</strong>uzione<br />
«in sé» di questi enti medesimi. C’è la cosa come appare<br />
a me e c’è la cosa come è in se stessa (già i tardi pensatori greci,<br />
per esempio gli scettici, cominciavano a porre il problema in<br />
questo modo). Ma l’uomo stesso è «essere-nel-mondo»: non è<br />
fuori dal mondo e non guarda il mondo da altrove. L’inv<strong>it</strong>o fenomenologico<br />
a tornare alle cose stesse equivale, per Heidegger,<br />
al recupero dell’originario modo greco di pensare.<br />
Proprio per ciò gli appare assurda la pretesa della epochè<br />
husserliana, cioè la pretesa di r<strong>it</strong>agliare, per il soggetto fenomenologico<br />
«disinteressato», un luogo di osservazione in qualche<br />
modo «esterno» al mondo, a partire dal quale descrivere il<br />
mondo, il mondo-della-v<strong>it</strong>a e le sue correlazioni cost<strong>it</strong>utive. Ma<br />
Husserl potrebbe obiettare: come altrimenti rendere tematico il<br />
mondo-della-v<strong>it</strong>a, l’essere-nel-mondo? Questo è appunto il<br />
problema metodico che ho cercato di affrontare nella Krisis,<br />
consapevole dei suoi paradossi. Heidegger ha tranquillamente<br />
«saltato» questo problema, sicché non c’è da stupirsi che alla<br />
fine la sua via fenomenologica, la sua via verso la «cosa stessa»,<br />
si sia conclusa in un fallimento e in una via verso il nulla.<br />
Chi ha ragione? Accontentiamoci per ora di rilevare il contrasto<br />
e ridiamo senz’altro la parola a Heidegger.<br />
6. Allora: «phaino» è l’illuminare, il porre in chiaro; «phainesthai»<br />
è ciò che si illumina da sé; «phainomenon» è ciò che si<br />
presenta nella luce, ciò che da sé si manifesta; «ta phainomena»<br />
sono tutte le cose («ta onta») in quanto si manifestano, in quanto<br />
si mostrano nel loro aspetto (nella loro «idea», diceva Platone).<br />
Seguendo le indicazioni di Heidegger, noi allora possiamo, e<br />
anzi dobbiamo, ravvisare nel «phainomenon» una cost<strong>it</strong>utiva<br />
duplic<strong>it</strong>à. Esso è l’ente che si manifesta da se stesso, ma è anche<br />
la luce («phos») entro la quale e a partire dalla quale l’ente<br />
si fa manifesto. Heidegger infatti dice: ciò in cui qualcosa può<br />
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