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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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evocabile, nominabile e, in questa forma, visibile per tutti come<br />

cosa stessa di tutti, ogni cosa assume l’aura di un’immagine che<br />

è riproducibile e riconoscibile nella sua essenzial<strong>it</strong>à astrattiva e<br />

isolata. Con un più specifico esempio si potrebbe anche dire: il<br />

volto nominato e riconosciuto nello specchio è pronto per poter<br />

essere anche riprodotto, cioè disegnato, sulla carta. L’uomo, che<br />

con la voce già racconta il mondo, è pronto per ulteriormente<br />

segnarlo e disegnarlo. È pronto a «istoriarlo», in tutti i sensi di<br />

questa parola, che già Platone usava per descrivere la prassi filosofica.<br />

In sostanza, l’uomo è pronto per riprodurre, istoriando, la<br />

distanza delle sue molteplici esperienze, cioè per proiettare in<br />

segni visibili il «fantasma».<br />

Non è una sua supposta facoltà fantastica a renderlo capace di<br />

tanto, ma il mondo stesso, in quanto evento via via manifestatosi<br />

nella traccia e nel profilo delle sue esperienze. L’orbis pictus che<br />

all’uomo si disegna in mente (che «cost<strong>it</strong>uisce» la sua mente), in<br />

concom<strong>it</strong>anza alle sue esperienze originarie di urgenza e di risposta,<br />

è già di per sé un analogon implic<strong>it</strong>o della cosiddetta realtà<br />

esterna (cioè dell’insieme dei poli intenzionali delle urgenze):<br />

non ha che da tradurlo in quell’analogon visibile che è il<br />

supporto dei suoi segni e disegni. E così che emergono luoghi<br />

f<strong>it</strong>tizi di raffigurazione come il fondo della caverna, la rupe, le<br />

pietre e poi un giorno la facciata della cattedrale o lo schermo<br />

del computer. Complesse operazioni che caratterizzano quel terzo<br />

livello che ora possiamo così indicare: «sapere in quanto<br />

scrivere».<br />

22. Nel sapere in quanto scrivere dobbiamo in generale distinguere<br />

due tipi di scr<strong>it</strong>tura: una scr<strong>it</strong>tura di mondo e una scr<strong>it</strong>tura<br />

della voce. La prima si radica in quelle gestual<strong>it</strong>à cost<strong>it</strong>utive delle<br />

quali si è lungamente parlato. Scr<strong>it</strong>tura del corpo anz<strong>it</strong>utto,<br />

come già diceva Vico, e quindi del mondo che insieme a essa<br />

emerge. Per esempio, che il corpo possa essere ravvisato nella<br />

sua nud<strong>it</strong>à, e quindi rivest<strong>it</strong>o, è un frutto del «sapere» inteso nella<br />

sua originaria «iscrivibil<strong>it</strong>à», come già narra la Bibbia: mangiato<br />

il frutto del sapere, Adamo ed Eva «si accorsero» della loro<br />

nud<strong>it</strong>à. Ma allo stesso modo il morto e il cadavere emergono,<br />

nella loro differenza, come sapere antropologico essenziale che<br />

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