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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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mente c’è come un «egli» o come un «io» («io spingo», «io<br />

succhio») che saprebbe o non saprebbe. Possiamo allora «parlare»<br />

della sua esperienza la quale è cost<strong>it</strong>utivamente scissa da<br />

ogni sapere e da ogni parola? esperienza che traccia e che separa,<br />

ma in cui non vi è traccia di sapere?<br />

Noi parliamo del cost<strong>it</strong>uirsi della relazione tra interno ed esterno,<br />

ma il soggetto di questa relazione non ha né l’uno né<br />

l’altro di questi termini, non essendo affatto un soggetto che si<br />

osserva e che si dice nel sapere. Attestati nelle nostre descrizioni<br />

categoriali, ci riferiamo a un livello precategoriale che è forse<br />

ancora più profondo e originario di ciò che Husserl intendeva<br />

comunemente con questa epressione (ma non vanno dimenticate<br />

le sue analisi sulla «sintesi passiva» e le altre relative alla cost<strong>it</strong>uzione<br />

temporale). Noi che bene o male siamo in un sapere,<br />

con che dir<strong>it</strong>to parliamo di una dimensione nella quale il sapere<br />

non c’è? che è poi ciò che di essa dice appunto il sapere: che è<br />

priva di sapere. Naturalmente essa non è priva di sapere «in sé».<br />

Nulla, sappiamo, è «in sé», ma è sempre così e così determinato<br />

per un altro, cioè come segno di sé. La dimensione «precategoriale»<br />

di cui parliamo è priva di sapere dal punto di vista<br />

del sapere in nome del quale appunto parliamo e in forza del<br />

quale la diciamo come la diciamo: «priva di sapere».<br />

Inoltre: qual è il luogo a partire dal quale noi che diciamo<br />

queste cose ci poniamo e parliamo? Qual è, in altri termini, il<br />

luogo del soggetto fenomenologico che stiamo incarnando nel<br />

corso delle presenti analisi? Anche Hegel si poneva domande<br />

non molto dissimili nella sua Fenomenologia dello spir<strong>it</strong>o: chi è<br />

colui che parla e che dice la «fenomenologia dello spir<strong>it</strong>o»? e<br />

dove è collocato rispetto a quella esperienza che descrive? Nel<br />

rapporto «signoria-serv<strong>it</strong>ù», per esempio, le due figure, del signore<br />

e del servo, si fronteggiano. Il servo fa esperienza di avere<br />

la sua ver<strong>it</strong>à nel signore, cui deve la v<strong>it</strong>a; ma anche il signore<br />

ha la sua ver<strong>it</strong>à nel servo, perché senza il «riconoscimento» di<br />

questi non sarebbe signore di nessuno. Nella concreta prassi essi<br />

si scambiano le parti, senza rendersene conto, perché «per noi»<br />

la ver<strong>it</strong>à del loro rapporto è altra ancora da quella che essi potevano<br />

vedere e sperimentare. Già, ma che significa «per noi»?<br />

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