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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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«saputo» è tale solo nella voce. È la voce che separa e che rintraccia.<br />

Ora perciò, in modo letterale e corretto possiamo dire: è<br />

la voce che articola i fenomeni, sicché l’articolazione che volevamo<br />

veder accadere comincia a mostrasi in modo concreto.<br />

E quindi in funzione della voce che abbiamo potuto disegnare<br />

la nostra stella a cinque punte, con i suoi distinti vertici e poi i<br />

trattini della circonferenza. Quella figura va ora idealmente<br />

completata ponendo una ‘V’ (= Voce) al centro della figura<br />

stessa. Non è il caso di tracciarla concretamente, poiché la voce<br />

che traccia il disegno non è rintracciabile nel disegno. Ogni ‘V’<br />

che fosse scr<strong>it</strong>ta ne presupporrebbe un’altra non scr<strong>it</strong>ta che ha<br />

consent<strong>it</strong>o di scriverla, e noi ricadremmo nel paradosso dell’insegnante<br />

che disegna se stesso, a suo tempo ricordato. Più che<br />

tracciarla, conviene (anz<strong>it</strong>utto a lei, alla sua «natura») di «saperla».<br />

Vediamo ora di comprendere più anal<strong>it</strong>icamente ciò che sinora<br />

è stato detto in modo anticipativo e preliminare. Che ha di<br />

così particolare il gesto vocale, rispetto alle altre gestual<strong>it</strong>à, perché<br />

noi gli addossiamo la responsabil<strong>it</strong>à dell’insorgenza del fenomeno?<br />

Di queste analisi delle gestual<strong>it</strong>à o grafemi corporei<br />

già ci siamo tematicamente occupati in un precedente libro; qui<br />

ci lim<strong>it</strong>eremo a quegli aspetti che sono essenziali e funzionali<br />

per i nostri attuali problemi.<br />

Prendiamo le mosse dalla esperienza della distanza. Ogni presenza,<br />

sappiamo, comporta una distanza, e cioè un’urgenzaverso<br />

e un essere distanziati-da. La cosa in presenza è sempre il<br />

senso di qualcosa da fare (per raggiungerla). Se per esempio<br />

consideriamo il gesto del tatto, vediamo che esso manifesta la<br />

sua distanza come orlo frastagliato dei paraggi corporei. Il tatto<br />

fa accadere i confini del mio e del non-mio, secondo i modi di<br />

un caratteristico rimbalzo. Toccando, la cosa toccata viene posta<br />

a distanza e vissuta così come l’esterno; ma rimbalzando simultaneamente<br />

dal porre a distanza, il gesto fa accadere anche il<br />

mio proprio, il mio interno, come corpo senziente. La fessura o<br />

la traccia del toccare esplode così in due opposte direzioni che<br />

sono insieme complementari: polar<strong>it</strong>à implic<strong>it</strong>e e vissute anonimamente,<br />

nel puro saper fare. Esse diverranno, nel saper dire,<br />

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