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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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sta fra i tanti possibili, o la personale esperienza della ver<strong>it</strong>à del<br />

signor Heidegger; cioè una ver<strong>it</strong>à fra le tante. Che poi a Heidegger<br />

riesca davvero questa esposizione «strutturale» è altra<br />

questione che per il momento non interessa e di cui non dobbiamo<br />

qui farci arb<strong>it</strong>ri.<br />

Interessa invece il carattere «storico» della «espressione» o<br />

«interpretazione» che dir si voglia. Questo però non significa, di<br />

nuovo, che le interpretazioni sono tutte «storiche» e perciò «relative»<br />

(quella di Heidegger inclusa: così abbiamo messo nel<br />

sacco anche lui). Ragionare in questo modo significherebbe dimenticare,<br />

o fraintendere, il senso della «storic<strong>it</strong>à» dell’essere di<br />

cui parla Heidegger: qualcosa non di banalmente cronologico,<br />

storiografico, sociologico o antropologico; piuttosto un destino<br />

(un’esperienza della ver<strong>it</strong>à «destinata» avrebbe detto anche<br />

Peirce, che ragionava a sua volta non per linee empiricamente<br />

orizzontali, ma entro la vertical<strong>it</strong>à del problema del fondamento);<br />

cioè un evento, un evento destinato del senso, un evento<br />

della ver<strong>it</strong>à. La quale è e resta una sola, nel suo evento,<br />

un’unica e fondamentale esperienza, sebbene si declini e si epochizzi<br />

nella molteplic<strong>it</strong>à delle sue espressioni.<br />

E il problema, come già sappiamo, è tutto qui: che incontrare<br />

la ver<strong>it</strong>à dell’essere, il suo senso, non si può fuori della sua espressione<br />

«ontica» (fuori del linguaggio, avrebbe detto anche<br />

W<strong>it</strong>tgenstein, che a sua volta non è affatto un banale «relativista»:<br />

la sua genuina consapevolezza filosofica non si sarebbe<br />

mai ridotta a una siffatta sciocchezza). L’essere infatti non lo si<br />

può «incontrare», non può mai «star di contro», così come vi sta<br />

l’ente, e perciò non è pensabile parola che lo possa dire, che sia<br />

in grado di pensarlo e di portarlo a espressione. Bancarotta della<br />

fenomenologia, ma anche suo destino profondo, che ha in sé il<br />

destino di tutta intera la filosofia e poi della «civilizzazione»<br />

occidentale e della «crisi» dell’Europa. Sicché la fenomenologia<br />

conserva in sé l’ultimo traguardo e l’ultimo segreto della ragione.<br />

Per questo non si può semplicemente metterla da parte, come<br />

un fatto «culturale» non più di moda: essa resta un comp<strong>it</strong>o<br />

per il pensiero, e insieme un enigma.<br />

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