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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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e che egli «le ha», ma questo appunto non vale per lui), delle<br />

d<strong>it</strong>a che sono in grado di indicare.<br />

Kong Souen continua: «Se non esiste nel mondo un d<strong>it</strong>o, nessun<br />

oggetto può essere chiamato oggetto. Io dico che il d<strong>it</strong>o non<br />

è il d<strong>it</strong>o: se non esiste nel mondo un oggetto non è nemmeno<br />

possibile parlare di d<strong>it</strong>o. D’altronde al d<strong>it</strong>o è attribu<strong>it</strong>a una funzione<br />

comune nel mondo. Se non esiste nel mondo una relazione<br />

cosa-d<strong>it</strong>o, chi può parlare di non-d<strong>it</strong>o?» La funzione comune<br />

attribu<strong>it</strong>a al d<strong>it</strong>o è quell’indicate che tutti ci accomuna e ci fa intendere.<br />

E questa relazione originaria cosa-d<strong>it</strong>o che ci consente<br />

di dire, di dire sì e di dire no, di dire d<strong>it</strong>o e di dire non-d<strong>it</strong>o. Ma<br />

come il dire non è semplicemente un suono, così l’indicare non<br />

è semplicemente un d<strong>it</strong>o.<br />

Voleva veramente dir questo il nostro ironico «sofista»? Certo,<br />

egli dice cose straordinarie. Varrebbe la pena di consultarlo:<br />

«Caro collega, poiché la tua ricerca mi sembra così affine alla<br />

mia, ho pensato di scriverti, anche se non ti conosco...». Purtroppo<br />

è impossibile. Restano i suoi tratti di penna, rest<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i però<br />

in una traduzione che sa il cielo come è fatta. Che cosa volevano<br />

veramente dire quei suoi ideogrammi che noi rendiamo<br />

nella nostra scr<strong>it</strong>tura, così diversa nello spir<strong>it</strong>o e nelle cose che<br />

essa indica e rende visibili e pensabili? Qualche linguista ha<br />

detto: sost<strong>it</strong>uiamo alla parola d<strong>it</strong>o, volta a volta, le parole segno,<br />

significante e significato e allora tutto è chiaro. Ma Julia Joiaux<br />

ha osservato che sarebbe forse meglio pensare a designazione,<br />

designante e designato. Va meglio, ma, dal mio punto di vista,<br />

non va ancora bene, perché a me sta a cuore di leggere, in questa<br />

pa-gina cinese, una allusione al rapporto tra l’indicare e l’aprirsi<br />

del mondo nei suoi significati e nel suo senso; cioè<br />

una allusione all’evento della cost<strong>it</strong>uzione reciproca di mondo<br />

e corpo. Abbiamo ragione noi? E che importanza avrebbe, in<br />

questo caso? Ricordiamoci piuttosto delle belle osservazioni<br />

che anche Heidegger ha riservato all’indicare come struttura originaria<br />

del dire, purtroppo senza che ne siano nati poi sviluppi<br />

in lui e, men che meno, nei suoi seguaci. Anche Heidegger,<br />

questo «sofista» del XX secolo, sembra darci ragione. Accontentiamoci<br />

e chiudiamo qui questi dialoghi immaginari.<br />

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