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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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menologia tocca il suo lim<strong>it</strong>e estremo (e con essa tutta intera la<br />

filosofia): è possibile rendere fenomeno questo enigma? Come<br />

può esso venire pensato, se pensare è «obiettivare», secondo<br />

una figura della storic<strong>it</strong>à dell’essere (quella figura che da luogo<br />

al pensare razionale della filosofia e poi delle scienze moderne),<br />

ma non secondo l’essere stesso? L’enigma dell’essere, il<br />

suo r<strong>it</strong>rarsi dietro ogni figura dell’ente (che peraltro lui stesso<br />

è), può essere colto «fenomenologicamente» in un dispiegato<br />

«vedere» teoretico, in un theorein, se la cosa stessa, il fenomeno,<br />

per sua natura si nasconde?<br />

Queste domande, come si sa, segnano il «fallimento» di Essere<br />

e tempo, l’impossibil<strong>it</strong>à del suo progetto e della invano ricercata<br />

«ontologia fondamentale». E tuttavia, 35 anni dopo,<br />

Heidegger ribadisce che la questione della fenomenologia è «la<br />

cosa stessa del pensiero». Se non altro, si potrebbe dire, perché<br />

la fenomenologia, recuperando<br />

I1 senso profondo e originario della filosofia, ci conduce sino<br />

all’orlo, sino al confine, sino a questo abisso del pensare.<br />

Conclude Heidegger, con una frase che ora non ha più bisogno<br />

di commenti: «Così io fui condotto sul cammino dalla<br />

‘questione dell’essere’ (Seinsfrage), illuminato dall’atteggiamento<br />

fenomenologico, di nuovo - ma in modo diverso da prima<br />

- senza quiete per le questioni che nascevano dalla dissertazione<br />

di Brentano. Ma il cammino di questo domandare fu più<br />

lungo di quanto supponessi. Esso richiese molte soste, vie traverse,<br />

deviazioni. Quello che tentavano le prime lezioni di Friburgo,<br />

e poi quelle di Marburgo, mostra questo cammino solo<br />

indirettamente». E così abbiamo ricordato quanto presumibilmente<br />

ci serve per affrontare il paragrafo 7 di Essere e tempo.<br />

5. É noto che in questo famoso paragrafo Heidegger mette a<br />

punto il metodo fenomenologico della trattazione. Egli è mosso<br />

da domande che così si potrebbero sintetizzare: come e da dove<br />

si rende visibile la cosa stessa? In che modo si accede al fenomeno?<br />

Come si coglie il terreno di manifestativ<strong>it</strong>à originaria<br />

grazie al quale il fenomeno si mostra da sé? Come si lascia<br />

dunque la parola al fenomeno, alla cosa stessa, e che è questo<br />

«lasciare»?<br />

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