CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it
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diceva; basta guardarli: ecco il «cubo», nelle sue tre facce evidenti<br />
e nelle tre facce nascoste. Tutti lo vedono, solo che abbandonino<br />
i pregiudizi empiristici con cui si accecano; tutti esperiscono<br />
di continuo essenze e idee, cioè oggetti ideali e<br />
formali: basta appunto guardarli. Forse doveva dire: basta ascoltarli.<br />
E in questo senso allora che la gestual<strong>it</strong>à della voce<br />
ha la capac<strong>it</strong>à di apophainesthai, di evocare e trar fuori, di far<br />
apparire e delim<strong>it</strong>are la cosa, come diceva Heidegger (lasciando<br />
peraltro a noi l’impegno di chiarirne il «come»). Non si<br />
tratta evidentemente, o soltanto, della «genial<strong>it</strong>à» dei greci e<br />
del potere magico del loro logos; né si tratta del fatto che essi<br />
in fenomenologia fossero più avanti di noi. In realtà la voce ha<br />
la sua capac<strong>it</strong>à evocativa e nominativa solo in connessione con<br />
le altre gestual<strong>it</strong>à e con le loro cost<strong>it</strong>utive distanze, delle quali<br />
dice il «come fare». Ma in quanto lo dice, per le peculiar<strong>it</strong>à del<br />
gesto vocale che qui abbiamo accennato, e altrove indagato a<br />
fondo, il come diviene sub<strong>it</strong>o un «cosa fare» e la cosa in sé, il<br />
fenomeno della fenomenologia viene in primo piano. In questo<br />
senso dicevamo che la voce è il fenomeno. Potremmo poi aggiungere<br />
in margine che è inutile sperare che un computer parli,<br />
se prima non lo forniamo di orecchie e magari anche di mani.<br />
19. Ora però possiamo vedere come la voce sia responsabile di<br />
una peculiare «obiettivazione». Il parlare della cosa, l’evocarla,<br />
l’articolare il mondo in cose nominate e così poste di contro<br />
all’attenzione, tutto ciò da luogo a quell’obiettivismo che è parte<br />
ineliminabile della nostra esperienza. Non è che l’obiettivismo<br />
sia di per sé un’erranza della prassi scientifica o, ancor<br />
prima, di quella metafisica. Erroneo è il fatto di derivare dal carattere<br />
cost<strong>it</strong>utivamente obiettivistico della nostra esperienza<br />
delle concezioni ingenuamente ideologiche relative alla supposta<br />
realtà «obiettiva» del mondo.<br />
Indipendentemente da queste teorizzazioni ideologiche,<br />
l’obiettivismo è però un momento strutturale dell’esperienza,<br />
perché l’obiettivazione è un effetto o un fenomeno interno di<br />
quel gesto per il quale l’uomo stesso viene all’essere. La voce<br />
non può non obiettivare, proprio perché dice «cose» e così facendo<br />
delim<strong>it</strong>a, r<strong>it</strong>aglia e disegna il mondo. Questa obiettiva-<br />
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