CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it
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a aver turbato i sonni di molti commentatori di Heidegger soprattutto<br />
nostrani, se per interpretazione si intende quel tot cap<strong>it</strong>a,<br />
tot sententiae di cui prima si diceva. La cosa invece si spiega da sé,<br />
se noi leggiamo nell’hermeneuein, non l’interpretare in senso stretto,<br />
e tanto meno quell’interpretare banalmente empirico che farebbe<br />
il paio col descrivere empirico che già Heidegger ha esplic<strong>it</strong>amente<br />
messo fuori gioco, ma appunto l’esposizione, la messa in<br />
mostra del fenomeno. In termini più strettamente aristotelici si potrebbe<br />
anche dire l’«espressione». Invece l’eventuale riferimento<br />
all’ermeneutica biblica, a Schleiermacher ecc. risulterebbe più<br />
fuorviante che utile. E più fuorviante che mai è poi ragionare in<br />
questo modo: la ver<strong>it</strong>à è interpretazione; ma l’interpretazione non<br />
trova mai un punto fermo; quindi non si può parlare della ver<strong>it</strong>à (di<br />
cui Heidegger avrebbe ancora qualche nostalgia: i vecchi, si sa...),<br />
ma solo delle ver<strong>it</strong>à, al plurale. Questo riconoscimento (che in sé è<br />
poi un non-senso filosofico) sarebbe dunque e invece «postheideggeriano»,<br />
cioè un «superamento» di troppo nostalgiche e autor<strong>it</strong>arie<br />
dottrine dell’interpretazione e il primo vag<strong>it</strong>o di una più<br />
verace (chissà in che senso) ermeneutica.<br />
Ma ciò che Heidegger ha in realtà di mira è [‘«espressione del<br />
senso dell’essere», quella espressione che può appunto scadere<br />
a enunciato che ricopre e che produce la solidificazione e<br />
l’ottundimento del messaggio. La fenomenologia è infatti un far<br />
vedere (apophainesthai) e un portare a espressione (ermeneuein):<br />
un «esporre» il senso dell’essere, cioè metterlo in mostra<br />
e dispiegarlo nell’espressione. In certo modo dispiegarlo<br />
così come diciamo auslegen nel senso di dispiegare la stoffa sul<br />
tavolo, davanti agli occhi del compratore (la «stoffa», avrebbe<br />
detto James, di cui è fatta la nostra esperienza). «Espressione»<br />
che, già nella sua struttura, è perciò conforme al divieto (niente<br />
se non direttamente) e al suggerimento metodico pos<strong>it</strong>ivo (tutto<br />
ciò che si dice deve essere incontrato, deve essere un incontro<br />
col senso dell’ente). L’ermeneutica non è dunque altro che l’espressione<br />
di questo incontro. Ed è in base a tale cr<strong>it</strong>erio fenomenologico<br />
generale che tutta la successiva anal<strong>it</strong>ica<br />
dell’esserci viene poi esposta: qualcosa di strutturale nella esperienza<br />
dell’esserci, dell’essere-nel-mondo, e non un punto di vi-<br />
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