CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it
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struttura della presenza è un cost<strong>it</strong>utivo adesso-dopo. E strano<br />
tutto ciò? Non lo è affatto, se consideriamo che questo è appunto<br />
quello che accade e che sperimentiamo in ogni istante; e che<br />
senza ciò non sarebbe per noi possibile alcuna esperienza.<br />
Quel che stiamo dicendo è che la presenza in sostanza funziona<br />
come un segno. La struttura della presenza è segnica. Essa<br />
non mi da mai direttamente e puramente la cosa (la cosa stessa);<br />
piuttosto è un annuncio e un segno della cosa. Una sua «traccia»,<br />
direbbe Derrida. Per esempio l’amico, che è già in r<strong>it</strong>ardo,<br />
telefona: vengo sub<strong>it</strong>o, sto arrivando. Dunque viene, sarà presente,<br />
ma per adesso di presente c’è solo la sua telefonata. Per<br />
adesso c’è soltanto un adesso-dopo. E così è di ogni cosa<br />
dell’esperienza. Ma poi l’amico, se è di parola, arriverà, direte<br />
voi. Già, arriverà. Che cosa arriverà? Il suono del campanello<br />
che lo annuncia, poi il suo sorriso, la sua stretta di mano, la sua<br />
voce ben nota e così via; cioè tutti quei segni che sono l’amico<br />
(compresa la telefonata e la nostra attesa, l’interrogarsi sul suo<br />
r<strong>it</strong>ardo ecc.), ma che insieme non lo sono e lo differiscono sempre<br />
più in là. Ciò che si presenta è sempre un segno, un indizio.<br />
Certo, un segno di quella cosa che è, nell’esempio, l’amico, non<br />
un segno d’altro; sicché l’amico effettivamente si presenta nei<br />
suoi segni, ma vi si presenta essenzialmente perché non vi si<br />
presenta, perché egli è anche e sempre distanziato da essi, un<br />
passo indietro o un passo avanti. Sicché di principio può sempre<br />
accadere, e di fatto talora accade, che l’amico scompaia e non lo<br />
si veda più, sebbene restino i suoi segni, le frasi e i sorrisi, ovvero<br />
quelli che erano i suoi segni.<br />
Quando ci riferiamo ai segni per caratterizzare la presenza<br />
non ci riferiamo evidentemente ai segni empirici: proprio nello<br />
stesso senso in cui la descrizione fenomenologica non è una descrizione<br />
empirica. Non pensiamo a quei segni in senso stretto<br />
che sono i cartelli stradali o l’orma dell’animale sul terreno.<br />
Pensiamo piuttosto a una relazione segnica intesa come fenomeno<br />
originario della presenza. Aristotele, per esempio, parla<br />
della relazione tra un uomo reale e un uomo dipinto. Abbiamo<br />
allora tre presenze, secondo l’esempio: il quadro, l’uomo di cui<br />
il quadro fornisce l’immagine e noi che osservando il quadro lo<br />
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