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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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contrato, nella distinzione di due saperi che insieme concorrono<br />

alla sua descrizione. Ma il fenomeno non è ancora affatto chiar<strong>it</strong>o<br />

in senso «genetico». A partire da che ci è possibile porre questa<br />

distinzione tra un «saper come» e un «saper cosa»? Che tipo<br />

di prassi è qui in opera, così da consentirci la distinzione testé<br />

avanzata, mostrandola all’incontro col fenomeno e facendola<br />

quindi accadere?<br />

Ora finalmente ci accorgiamo che nella nostra ricostruzione<br />

delle gestual<strong>it</strong>à originarie, così come l’abbiamo raffigurata in<br />

una stella a cinque punte ecc., manca un elemento essenziale.<br />

Senza di esso tutte le nostre descrizioni e distinzioni restano prive<br />

di consistenza e di senso. Infatti l’anamnesi genetica del fenomeno<br />

che appare, del fenomeno che, come abbiamo detto, è lo<br />

stesso apparire del sapere, non può mai essere messa sul conto<br />

del vedere, del toccare, del fiutare, del gustare. È la tipica ingenu<strong>it</strong>à<br />

del senso comune a credere che basti guardare e toccare le<br />

cose per sapere che sono e cosa sono. Esso dimentica, non vede,<br />

il suo sapere presupposto e crede che siano semplicemente la<br />

vista o il tatto a mostrargli la cosa; per esempio a mostrargli il<br />

bambino che sa afferrare il d<strong>it</strong>o ma che ancora non sa quel che<br />

sta facendo. In realtà, questo sapere dell’evento, del suo farsi fenomeno<br />

come sapere che accade, non è la vista e non è il tatto a<br />

farlo, o a poterlo fare, presi così semplicemente in se stessi. Già<br />

Platone ce l’aveva insegnato. Chi allora lo fa?<br />

È strano: c’è qui una gestual<strong>it</strong>à che non abbiamo ancora nominato<br />

e che invece, come fenomenologi, avremmo dovuto nominare<br />

per prima. Forse perché, come disse Heidegger, il più vicino<br />

è il più difficile a vedersi. E il più vicino è il nostro agire<br />

«diretto», direbbe Husserl, nel mentre si fa; così vicino che esso<br />

resta cieco su di sé mentre agisce e non si guarda mai nel fare<br />

ciò che fa. Ora, in tutto il nostro dire e descrivere fenomenologico<br />

proprio il logos ci è sfugg<strong>it</strong>o ed è rimasto inavvert<strong>it</strong>o nel<br />

mentre agiva di continuo. Il gesto della voce, senza il quale non<br />

avremmo fatto neppure un passo nel cammino che stiamo attraversando,<br />

è rimasto nella oscur<strong>it</strong>à della sua anonima fungenza.<br />

Noi parlavamo come se fosse la cosa più naturale del mondo,<br />

tanto ovvia da non doverla tenere in linea di conto quanto al-<br />

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