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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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me Zarathustra, reca l’annuncio di un «futuro infin<strong>it</strong>amente lontano»<br />

nel quale possa compiersi, se mai si compirà, la vocazione<br />

profonda della filosofia. Essa fa tutt’uno con la vocazione profonda<br />

dell’uomo a diventare «umano» (come avrebbe detto<br />

Marx), cioè «razionale» nel senso sopra richiamato.<br />

Ma perché proprio la fenomenologia incarna il senso profondo<br />

della filosofia? Perché la filosofia, come scienza della ver<strong>it</strong>à, è<br />

essen-zialmente una prassi di disvelamento. Essa svela la ver<strong>it</strong>à<br />

del mondo e la rende «fenomeno», cioè la fa apparire. La cosa<br />

non è di nuovo priva di paradossi, come anche Husserl sapeva e<br />

come vedremo sempre meglio in segu<strong>it</strong>o. Ma per ora seguiamo i<br />

nostri maestri e cerchiamo di comprenderli nel modo migliore.<br />

La filosofia, dunque, è quel progetto teorico, quella «prassi», che<br />

svela il senso ultimo delle cose e quindi la loro ver<strong>it</strong>à. Essa rende<br />

tale ver<strong>it</strong>à manifesta, sia pure attraverso un cammino di approssimazione<br />

infin<strong>it</strong>a. Ciò consente di guardare con altri occhi i paradossi<br />

in precedenza sollevati. Potremmo dire che l’uman<strong>it</strong>à che<br />

precede la filosofia non è estranea alla ver<strong>it</strong>à, non ne è «fuori»,<br />

ma non è nella ver<strong>it</strong>à nel modo della rivelazione. Anche l’uomo<br />

preistorico, certo, ha le sue «rivelazioni»; ma esse non sono «razionali»,<br />

cioè propriamente «umane». Non perché esse dicano<br />

qualcosa di irrazionale o di strano (così pensano i nostri pregiudizi<br />

intellettualistici), ma perché quel che dicono non ha in sé la<br />

potenzial<strong>it</strong>à di divenire universalmente vero per tutti gli uomini,<br />

qualcosa di riproducibile e di sempre riattivabile in un cammino<br />

di infin<strong>it</strong>a ricerca e approssimazione alla ver<strong>it</strong>à. Anche gli uomini<br />

preistorici, o prefilosofici, stanno nel fenomeno della ver<strong>it</strong>à, ma<br />

non sanno di starvi. Manca loro la via «metodica» di approssimazione<br />

alla rivelazione della ver<strong>it</strong>à e così manca loro la capac<strong>it</strong>à<br />

di legein ta phainomena, di dire i fenomeni (la ver<strong>it</strong>à); manca loro<br />

il logos, come anche Heidegger si sarebbe espresso, il logos filosofico.<br />

Questo è propriamente fenomenologico, in quanto persegue<br />

l’essenza disvelata del mondo, cioè il dire disvelato di questa<br />

essenza.<br />

Tutta la riflessione heideggeriana muove, si potrebbe dire, da<br />

queste basi. Il problema della rivelazione dell’essere come questione<br />

della ver<strong>it</strong>à, il noto problema della aletheia come manife-<br />

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