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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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colleghiamo all’uomo. La domanda fenomenologica chiede<br />

come queste tre polar<strong>it</strong>à sono venute in presenza: come mi è data<br />

la presenza di un quadro? come quella di un uomo reale? e<br />

come ho quell’avere che è avere me stesso in presenza come osservatore<br />

di quel quadro e della sua relazione all’uomo raffigurato?<br />

Il fatto è che ognuna di queste presenze rimanda. Ciò che<br />

si da, infatti, non è mai semplicemente se stesso; per il solo fatto<br />

di presentarsi, è inser<strong>it</strong>o in una struttura di rimando (me stesso<br />

incluso), cioè in una relazione che, in questo senso più originario,<br />

noi definiamo segnica. Con ciò non intendiamo evidentemente<br />

dire che ogni presenza è un quadro, un cartello stradale o<br />

l’impronta di un animale. Intendiamo dire che ogni cosa che si<br />

presenti, non importa cosa, ha un carattere segnico. Altrimenti<br />

non potrebbe presentarsi e cioè non potrebbe stare<br />

nell’esperienza. Va da sé che è solo in forza di questo originario<br />

carattere di rimando che l’uomo può servirsi dei segni del linguaggio<br />

e in base a essi stabilire poi, ma appunto solo poi, dei<br />

segni convenzionali o speciali, come sono i cartelli stradali, le<br />

immagini dipinte ecc. Noi possiamo deputare certe cose a significarne<br />

altre, e quindi possiamo assumerle come segni in senso<br />

specifico, solo perché la struttura generale della nostra esperienza<br />

è segnica in senso lato e originario.<br />

Chiar<strong>it</strong>o questo punto relativo al senso della relazione segnica,<br />

intesa come struttura o peculiar<strong>it</strong>à della presenza, torniamo<br />

al problema che ci sta a cuore.<br />

11. Perché diciamo che la presenza differisce la cosa? che nel<br />

mentre la presenta anche ce la sottrae? perché la cosa stessa,<br />

mentre si presenta ed esattamente perché si presenta, sfugge a<br />

se stessa e lascia una mera traccia di sé, anziché manifestarsi<br />

«in carne e ossa»? Certo, noi sappiamo che una presenza non è<br />

mai presenza pura, sicché la cosa non può mai stare in presenza<br />

come puramente se stessa, poiché allora essa equivarrebbe a<br />

nulla, a niente del tutto. Se la presenza fa interamente corpo con<br />

la cosa, se tutto il mondo è questo azzurro e nel mondo non c’è<br />

altro che azzurro e proprio null’altro che questo onnipervadente<br />

azzurro, in che modo o in che cosa azzurro e presenza, azzurro<br />

in presenza, differiscono dal niente? Come l’azzurro stesso sa-<br />

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