CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it
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Che cos’è un albero? chiedilo alla percezione. Che cos’è un<br />
ricordo? chiedilo alla memoria. Che cos’è un sentimento?<br />
chiedilo al cuore. In ogni gesto cost<strong>it</strong>utivo del nostro vivere si<br />
mette in moto un processo, un decorso di fenomeni ognuno<br />
dei quali è caratterizzato da tipic<strong>it</strong>à peculiari. A esse la fenomenologia<br />
intende dare la parola, prima di ogni ragionamento<br />
o inferenza. Di qui quelle valid<strong>it</strong>à intersoggettive del vivere<br />
che non sono sustruzioni (sovracostruzioni) concettuali e dalle<br />
quali ogni sustruzione non può non partire.<br />
Questo è anche il banco di prova della cosiddetta «verificabil<strong>it</strong>à»<br />
che la scienza invoca per le sue teorie. Essa non sta in una<br />
«teoria» dell’esperienza costru<strong>it</strong>a, dice Husserl, «dall’ingenuo<br />
nichilismo degli scienziati»; sta piuttosto nel fatto per cui<br />
l’esperienza, nel senso intu<strong>it</strong>ivo e sorgivo delle sue evidenze,<br />
«è un carattere essenziale del mondo-della-v<strong>it</strong>a». Non si tratta<br />
propriamente di quella esperibil<strong>it</strong>à generica e astratta che<br />
chiama in causa i cosiddetti cinque sensi: già i «cinque sensi»<br />
sono una teoria filosofica (svoltasi da Platone, Aristotele e Teofrasto<br />
sino a Locke e oltre) e non un’evidenza originaria. Il<br />
primum reale non è il vedere, il toccare ecc. presi in questo astratto<br />
isolamento; in principio è il corpo e anzi, come sappiamo,<br />
l’azione, cioè il percepire attivo del corpo vivente (Leib)<br />
colto nelle sue operazioni cost<strong>it</strong>utive di un mondo circostante<br />
che emerge per lui e in lui. E in questo «percepire» stanno anche<br />
operazioni che la tradizione considera non sensibili o addir<strong>it</strong>tura<br />
opposte al sensibile, come l’immaginare, il pensare, il<br />
ricordare ecc. Tutto questo è per esempio necessario quando,<br />
come dice Husserl con un celebre esempio, osservo un dado:<br />
vedo propriamente tre facce, ma nel percepirle, immediatamente<br />
«appresento» e «copercepisco» anche le tre facce che<br />
non vedo. Non è che io le «aggiunga» dall’esterno e in segu<strong>it</strong>o<br />
a un ragionamento; è che percepire una cosa spaziale comporta<br />
questo «adombramento» di certe sue parti la cui assenza però si<br />
fa sin dall’inizio presente come profond<strong>it</strong>à spaziale della cosa<br />
percep<strong>it</strong>a (senza di che non sarebbe una cosa spaziale quella<br />
che viene percep<strong>it</strong>a).<br />
La verificabil<strong>it</strong>à non è quindi riconducibile a un indeb<strong>it</strong>o ri-<br />
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