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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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earsi, deve studiare tanta matematica; la cosa appare scontata e<br />

nessuno si sogna di rimetterla in discussione: da Galileo in avanti<br />

si fa così ed evidentemente si fa bene, se si considerano i risultati.<br />

Già sul piano della v<strong>it</strong>a comune, del comune mondo-della-v<strong>it</strong>a,<br />

ognuno peraltro ragiona, inferisce, prevede: quella tegola, così in<br />

bilico, finirà per cadere. Oppure fa calcoli approssimativi. Per esempio<br />

misura a passi il terreno, secondo l’antichissima pratica<br />

dell’agrimensura. A trecento passi, a un’ora di cammino, dice il<br />

vecchio contadino all’ignaro turista, che preferirebbe informazioni<br />

in termini di chilometri o di minuti di automobile. Cioè informazioni,<br />

dal suo punto di vista, più «categoriali». E ciò che fa<br />

la geometria, con le sue figure e i suoi termini idealizzati. Qui<br />

l’esperienza del contadino non basta più. E del resto al giovane<br />

studente di geometria non si chiede di praticare prima l’agrimensura.<br />

Nel momento in cui la scienza impone le sue categorie ideali,<br />

lo strato dell’esperienza precedente viene lasciato alla pratica<br />

comune e non più considerato. Le categorie della scienza sono<br />

perfettamente autonome, bastano a se stesse e si comincia senz’altro<br />

da esse.<br />

In questo modo però, non accade soltanto che venga obliata<br />

tutta l’origine e la genesi della scienza, cioè tutto il cammino<br />

umano che l’ha resa storicamente possibile; ciò che soprattutto<br />

accade è che le categorie ideali della scienza, nella loro caratteristica<br />

«obiettiv<strong>it</strong>à», si sost<strong>it</strong>uiscono agli oggetti e alle esperienze<br />

del mondo-della-v<strong>it</strong>a. Il punto, la linea, la superficie divengono<br />

gli oggetti «veri» rispetto a quelli incontrati nelle comuni pratiche<br />

del mondo-della-v<strong>it</strong>a. Una volta attinta, l’«obiettiv<strong>it</strong>à scientifica»<br />

diventa sinonimo della ver<strong>it</strong>à: il mondo della esperienza<br />

comune assume l’aspetto di qualcosa di poco vero, di soggettivo,<br />

di relativo. Il mondo vero è quello descr<strong>it</strong>to dalle categorie scientifiche;<br />

sono queste ultime a detenere il «senso d’essere» delle<br />

cose, la loro ver<strong>it</strong>à in sé e per sé, cioè la ver<strong>it</strong>à «obiettiva», appunto.<br />

Come io vedo le cose intorno a me è un fatto «privato»; le<br />

categorie con le quali l’ottico me le spiega è invece una ver<strong>it</strong>à<br />

«pubblica», universalmente valida, anche se quelle categorie e gli<br />

oggetti che esse denotano non si vedono affatto. Anzi, in certo<br />

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