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CARLO SINI SCRIVERE IL FENOMENO - Filosofia.it

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Che mai dice questa frase provocatoria e stravagante? Cominciamo<br />

a lavorarci e forse scopriremo che essa dice benissimo e<br />

che non si poteva dir meglio, tenuto anche conto della util<strong>it</strong>à,<br />

per il pensiero, di porsi di fronte a questa ginnastica, senza la<br />

quale è difficile accedere a una reale comprensione. Voglio dire<br />

che una spiegazione più semplice e piana, più indiretta e dilazionata,<br />

non provocherebbe quel «salto», quello «stacco», che<br />

deve essere compiuto perché la cosa sia veramente vista e afferrata.<br />

Proprio per ciò il linguaggio della filosofia è talvolta così<br />

lontano dall’uso comune, sicché paradossalmente dice «male»<br />

allo scopo di farsi intendere bene. Dal che si vede la superficial<strong>it</strong>à<br />

di certe polemiche «culturali» sulla «oscur<strong>it</strong>à» della scr<strong>it</strong>tura<br />

filosofica, che si vorrebbe invece ridurre al dire piano e semplice<br />

della lingua comune. Il che non sempre è possibile e neppure<br />

auspicabile (ma bisogna appunto fare l’esercizio filosofico<br />

per scoprirlo e non giudicare le cose dall’esterno, senza averne<br />

fatto esperienza, cioè senza essersi mai provati ed esposti a pensare<br />

in proprio). Vediamo allora che cosa dice questa strana e<br />

disorientante frase e perché dice così come dice.<br />

«La cosa che si manifesta da sé in presenza non è la cosa che<br />

si manifesta da sé in presenza»: questo è facile. Riprendiamo il<br />

nostro esempio. Se esco dall’aula e incontro il bidello è lui la<br />

cosa che si manifesta da sé in presenza; infatti, a meno che sia<br />

io che lo chiamo, posso incontrarlo solo se c’è; e poi, anche se<br />

lo chiamassi, è sempre lui a partire da sé che può comparire;<br />

non ho infatti il potere di farlo apparire semplicemente chiamandolo.<br />

Noi dunque lo vediamo, lo incontriamo, e diciamo:<br />

ecco il nostro amico bidello, e ci fermiamo lì. Non pensiamo<br />

certo a Fichte o a Hegel, cioè ai primi rettori dell’univers<strong>it</strong>à di<br />

Berlino, oppure al ministro prussiano von Altenstein. Eppure<br />

egli non si presenterebbe così come si presenta, come bidello di<br />

una moderna univers<strong>it</strong>à ecc., senza quella struttura di senso che<br />

ha cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o il «luogo» del suo poter esserci. Con lui insomma<br />

compare, ma solo implic<strong>it</strong>amente, un senso che è il suo senso<br />

d’essere come bidello, così come noi siamo in presenza come<br />

studenti e professori. Tutti siamo così in presenza, ma grazie a<br />

un senso d’essere che è anche altra cosa da noi. Ciò che è in<br />

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