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Le strategie per lo sviluppo dell'agricoltura biologica. - Sistema d ...

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nel ruo<strong>lo</strong> trasformativo dell’attività di consumo (Brunori e Marescotti, 2007;<br />

Lassaut e Sylvander, 2007; Cova, 2006).<br />

L’analisi ora tratteggiata mostra dunque un quadro in grande movimento, e<br />

la crisi sembra un’occasione <strong>per</strong> meglio definire <strong>strategie</strong> <strong>per</strong> il futuro. <strong>Le</strong> domande<br />

centrali del nuovo dibattito saranno le seguenti: in che modo gli attori della filiera<br />

si posizioneranno di fronte alla crescita del settore? In che modo saranno tenuti di<br />

conto i benefici e i costi della crescita?<br />

7.5. LE PROSPETTIVE E LE PROPOSTE PER I MERCATI DEL BIOLOGICO<br />

7.5.1 Nuove <strong>strategie</strong> <strong>per</strong> i produttori bio<strong>lo</strong>gici<br />

Accanto alla tendenza alla convenzionalizzazione già illustrata sopra si<br />

manifesta l’opinione - anche se più attiva in termini di comunicazione che di<br />

volumi di prodotto - che intende riportare il bio<strong>lo</strong>gico ai suoi va<strong>lo</strong>ri costitutivi.<br />

Questo movimento pone a tutto il settore alcune domande di fondo, che<br />

rispecchiano i dilemmi che attraversano molti attori, a cominciare da alcuni<br />

consumatori (Pollan, 2006). Ad esempio, si chiede John C<strong>lo</strong>ud (2007) sul Time, è<br />

meglio consumare un prodotto bio<strong>lo</strong>gico importato da molto <strong>lo</strong>ntano oppure un<br />

prodotto coltivato con tecniche integrate ma <strong>lo</strong>cale? È più sostenibile consumare<br />

carne bio<strong>lo</strong>gica oppure passare al vegetarianesimo? È meglio esercitare la propria<br />

libertà di scelta all’interno di un canale convenzionale come il su<strong>per</strong>market o<br />

aderire ad un gruppo di acquisto solidale? E ancora, è accettabile acquistare un<br />

prodotto bio<strong>lo</strong>gico ottenuto attraverso <strong>lo</strong> sfruttamento del lavoro?<br />

Dall’altro lato, si aggiunge un’altra domanda: siamo sicuri che uno scenario<br />

di piccole realtà produttive connesse direttamente so<strong>lo</strong> a piccoli gruppi di<br />

consumatori già sensibilizzati sia apprezzabile? È compatibile con la mission che è<br />

non so<strong>lo</strong> di produrre alimenti buoni e di qualità nel rispetto dell’ambiente, ma<br />

anche di indurre il sistema produttivo g<strong>lo</strong>bale a rivedere i suoi paradigmi e ad<br />

avviare processi di conversione in chiave eco<strong>lo</strong>gica ed etica?<br />

Si aggiungono inoltre altre riflessioni so<strong>lo</strong> apparentemente più prosaiche:<br />

senza allevamento zootecnico, avremo materia organica sufficiente <strong>per</strong> mantenere e<br />

aumentare la fertilità del suo<strong>lo</strong>? Senza il canale dell’export e della grande<br />

distribuzione saremo in grado di va<strong>lo</strong>rizzare la produzione o saremo costretti a<br />

col<strong>lo</strong>carla sul mercato a prezzi da prodotto convenzionale, ma con i costi di<br />

produzione specifici del bio<strong>lo</strong>gico? In assenza di un mercato in grado di va<strong>lo</strong>rizzare<br />

le produzioni, sarà possibile convincere altri produttori ad abbandonare le tecniche<br />

di produzione a elevato impatto ambientale?<br />

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