Le strategie per lo sviluppo dell'agricoltura biologica. - Sistema d ...
Le strategie per lo sviluppo dell'agricoltura biologica. - Sistema d ...
Le strategie per lo sviluppo dell'agricoltura biologica. - Sistema d ...
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Un altro aspetto di crescente interesse, anche da parte dei consumatori, è il<br />
benessere animale. In questo ambito, la ricerca è indirizzata verso la messa a punto<br />
di indicatori di benessere diretti e indiretti. Tra i primi, rivolti alla valutazione del<strong>lo</strong><br />
stato degli animali, vi sono gli indicatori pato<strong>lo</strong>gici (presenza di pato<strong>lo</strong>gie<br />
manifeste o latenti), quelli fisio<strong>lo</strong>gici (livelli ormonali, frequenza cardiaca, risposte<br />
immunitarie), quelli comportamentali (manifestazione dell’etogramma, risposta a<br />
test comportamentali) e quelli produttivi (accrescimenti ponderali, livelli di<br />
fertilità, mortalità) (Sørensen et al., 2001). Gli indicatori indiretti sono invece<br />
rivolti alla valutazione del sistema di allevamento e della sua gestione (es. razioni,<br />
disponibilità di pasco<strong>lo</strong> e spazi, stato delle strutture di ricovero, rapporto uomoanimale).<br />
Gli indicatori diretti hanno il pregio di rilevare la condizione del singo<strong>lo</strong><br />
individuo, ma la <strong>lo</strong>ro determinazione può essere onerosa e difficoltosa. Gli<br />
indicatori indiretti, invece, possono consentire una valutazione relativamente<br />
semplice dell’ambiente d’allevamento ma da soli non sono sufficienti a definire il<br />
benessere dell’animale (Ferrante et al., 2009). La necessità di giungere a un sistema<br />
di valutazione del benessere unico e condiviso a livel<strong>lo</strong> europeo ha dato luogo a<br />
importanti sforzi di ricerca, tra cui il progetto Welfare Quality ® (B<strong>lo</strong>khuis, 2005).<br />
Tale strumento potrà essere adattato all’allevamento bio<strong>lo</strong>gico tenendo conto dei<br />
suoi aspetti legati alla naturalità delle produzioni in una visione sistemica<br />
dell’azienda agricola.<br />
Un argomento tuttora molto dibattuto in zootecnia bio<strong>lo</strong>gica è quel<strong>lo</strong> delle<br />
razze degli animali allevati. Quali razze sono più adatte al metodo di produzione<br />
bio<strong>lo</strong>gico? E’ opinione diffusa che le vecchie razze <strong>lo</strong>cali siano più rustiche di<br />
quelle moderne, sottoposte ad intensivi programmi di miglioramento genetico. Se<br />
ciò fosse vero, il mantenimento e la messa in produzione delle vecchie razze <strong>lo</strong>cali<br />
sarebbe la migliore soluzione <strong>per</strong> la zootecnia bio<strong>lo</strong>gica. Tuttavia, l’argomento<br />
rimane controverso <strong>per</strong>ché non sembra esistere una risposta univoca. Infatti, se<br />
alcune razze bovine podoliche (es. Maremmana) si dimostrano effettivamente<br />
rustiche e adatte all’allevamento estensivo, quelle francesi da carne (es. Limousine)<br />
rappresentano forse la scelta migliore anche <strong>per</strong> gli allevamenti bio rispetto al<br />
recu<strong>per</strong>o di razze <strong>lo</strong>cali dalle <strong>per</strong>formance discutibili (es. Mucco pisano). Anche<br />
nei suini, la rusticità di razze i cui prodotti sono molto apprezzati (es. Cinta senese)<br />
è tutta da dimostrare (A. Martini, com. <strong>per</strong>s.). Negli avicoli, infine, la base genetica<br />
degli animali allevati al giorno d’oggi appare particolarmente ristretta.<br />
Aspetti più generali legati all’organizzazione e gestione dell’allevamento<br />
bio<strong>lo</strong>gico riguardano il suo potenziale impatto ambientale, che in determinate<br />
situazioni è tutt’altro che trascurabile (Coquil et al., 2009), la qualità organolettica<br />
delle carni bio, spesso più dure di quelle convenzionali (Preziuso e Russo, 2004) o<br />
caratterizzate da aromi a cui il consumatore è disabituato (Prache et al., 2009), e le<br />
prospettive economiche e di mercato. Chiorri et al. (2009) hanno recentemente<br />
evidenziato che le aziende zootecniche bio<strong>lo</strong>giche sono generalmente caratterizzate<br />
58