Le strategie per lo sviluppo dell'agricoltura biologica. - Sistema d ...
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Il <strong>lo</strong>go deve essere apposto sulle confezioni degli alimenti preconfezionati<br />
unitamente - altra novità - all’indicazione dell’origine della materia prima in<br />
etichetta tramite la dicitura (reg. CE 834/2007, art. 24):<br />
- «Agricoltura UE», quando la materia prima è stata coltivata in Europa;<br />
- «Agricoltura non UE», quando la materia prima agricola è stata coltivata in Paesi<br />
terzi;<br />
- «Agricoltura UE/non UE», quando parte della materia prima agricola è stata<br />
coltivata nella UE e una parte di essa è stata coltivata in un Paese terzo.<br />
La dicitura «Agricoltura UE» può essere sostituita o integrata<br />
dall’indicazione del Paese in cui sia stato prodotto non meno del 98% delle materie<br />
prime agricole di cui il prodotto è composto, ad esempio «Agricoltura italiana»,<br />
«Agricoltura UE - materia prima italiana».<br />
Lo studio INEA ha messo in evidenza come siano moltissimi i prodotti<br />
trasformati in Italia che contengono ingredienti extracomunitari in misura su<strong>per</strong>iore<br />
al 2%, soprattutto zucchero, malto, grassi vegetali, sciroppo di glucosio e altri<br />
dolcificanti e che quindi sottostanno all’obbligo di etichettatura con la dicitura<br />
«Agricoltura UE/non UE» 62 .<br />
In assenza di obblighi comunitari in materia di indicazione dell’origine della<br />
materia prima <strong>per</strong> tutti gli alimenti 63 , l’immagine del bio<strong>lo</strong>gico che contiene<br />
materie prime non UE (con obbligo di indicazione in etichetta) rischia di essere<br />
penalizzata a favore di produzioni convenzionali, ana<strong>lo</strong>gamente realizzate con<br />
ingredienti non nazionali, ma esentate dall’obbligo di comunicazione tramite<br />
etichetta. Si portano come esempio il caso di una confezione di pasta bio<strong>lo</strong>gica al<br />
kamut® (materia prima non disponibile di produzione extra-comunitaria) realizzata<br />
in Italia ma che deve essere etichettata come «non UE» e il caso di una confezione<br />
di pasta convenzionale realizzata in Italia con grano duro d’origine australiana ma<br />
che non è tenuta a dettagliare l’origine della materia prima. Il consumatore<br />
potrebbe preferire la pasta convenzionale rispetto a quella bio<strong>lo</strong>gica <strong>per</strong>ché<br />
<strong>per</strong>cepita come “prodotto al 100% italiano”, con palese induzione in errore e<br />
possibile squilibrio commerciale. Si profila, infatti, l’ipotesi di ostaco<strong>lo</strong> <strong>per</strong> la<br />
libera circolazione delle merci nel mercato comune, in quanto il consumatore non<br />
dispone di quegli attributi dell’offerta - in questo caso l’indicazione dell’origine o<br />
della provenienza - che gli consentono di poter conoscere le caratteristiche del<br />
prodotto e di poter o<strong>per</strong>are una scelta consapevole dei propri acquisti.<br />
Altri esempi di <strong>per</strong>cezione distorta <strong>per</strong> il consumatore possono derivare dai<br />
prodotti che hanno ottenuto il riconoscimento IGP: <strong>per</strong> alcuni di questi, infatti, i<br />
62 Si tratta di: biscotti, pasticceria artigianale e industriale, confetture e confetture extra, marmellate e marmellate<br />
extra, gelatine e gelatine extra, succhi e nettari di frutta, yogurt ai gusti, caramelle e pastigliaggi, prodotti a<br />
base di cacao, gelati, paste alimentari fresche o secche e prodotti da forno a base di kamut®, grano<br />
saraceno, segale, amaranto e quinta.<br />
63<br />
La Commissione europea è comunque orientata a rendere obbligatoria l’indicazione del luogo di<br />
origine/produzione <strong>per</strong> tutti i prodotti agro-alimentari (CE, 2009b).<br />
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