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Le strategie per lo sviluppo dell'agricoltura biologica. - Sistema d ...

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provenga dall’Italia. Dunque, si tiene conto implicitamente del fatto che un<br />

prodotto bio<strong>lo</strong>gico trae la sua qualità o le sue caratteristiche essenzialmente,<br />

esclusivamente o anche so<strong>lo</strong> parzialmente dall’ambiente geografico. Il successivo<br />

art. 25 del regolamento comunitario, ammette nella etichettatura, presentazione e<br />

pubblicità di prodotti che soddisfano i requisiti stabiliti dal reg. CEE 2092/91 (e<br />

regolamenti di applicazione) o dal reg. CE 834/2007, l’uso complementare di<br />

«<strong>lo</strong>ghi» nazionali e privati. Tuttavia, sulla base dell’analisi condotta sulle norme<br />

del Trattato UE, sugli orientamenti comunitari <strong>per</strong> gli aiuti di Stato, sui<br />

pronunciamenti della Commissione europea e sulla giurisprudenza della Corte di<br />

Giustizia UE, sorgono tre assunti di natura giuridica riguardo all’applicazione dei<br />

due articoli.<br />

Il primo assunto è che se il <strong>lo</strong>go nazionale fosse parte di un marchio<br />

collettivo e non fosse un semplice segno grafico utilizzato <strong>per</strong> rendere nota in<br />

etichetta l’origine italiana del prodotto, il <strong>lo</strong>go in questione sull’origine nazionale<br />

contrasta con la posizione dell’UE secondo cui l’origine geografica deve essere<br />

comunicata, come si è detto, so<strong>lo</strong> attraverso i segni DOP e IGP o attraverso un<br />

marchio collettivo privato. Ne consegue che l’origine geografica può essere<br />

comunicata so<strong>lo</strong> attraverso un marchio collettivo non appartenente ad enti pubblici<br />

territoriali, non essendo ammesse, <strong>lo</strong> si ribadisce, misure pubbliche che possano<br />

ostacolare gli scambi intracomunitari (art. 28, Trattato CE), come discende dalle<br />

sentenze della Corte di Giustizia sul “nazionalismo alimentare” che si basano<br />

sull’incompatibilità con il principio della libera circolazione delle merci. Nel caso<br />

di marchio collettivo privato basato sull’origine nazionale delle imprese, alla sua<br />

gestione e promozione devono provvedere direttamente le imprese con<br />

l’esclusione, <strong>per</strong> i motivi suddetti, di ogni contributo pubblico.<br />

Il secondo assunto è che un marchio collettivo appartenente a enti pubblici<br />

territoriali (Stato e Regioni) svolge una funzione di garanzia e di certificazione,<br />

attestando i caratteri qualitativi dei prodotti che se ne fregiano ma non l’origine del<br />

prodotto da una determinata impresa; ne consegue che se il <strong>lo</strong>go fosse parte di un<br />

marchio collettivo nazionale esso dovrebbe trarre la specificità non dall’origine del<br />

prodotto (essendo inammissibile un marchio collettivo di natura pubblica che<br />

introduca toponimi e/o segni identificativi della sola origine territoriale) ma dalla<br />

conformità del prodotto alle disposizioni sui metodi di produzione bio<strong>lo</strong>gica<br />

(normativa europea e specifiche tecniche nazionali), ovvero da caratteristiche<br />

qualitative intrinseche dei prodotti bio<strong>lo</strong>gici agricoli e alimentari,<br />

indipendentemente dall’origine del prodotto da una determinata impresa.<br />

In tal caso, il <strong>lo</strong>go, parte di un marchio collettivo nazionale (pubblico), deve<br />

ammettere il libero accesso a ogni impresa comunitaria e extra-comunitaria in<br />

regime di equivalenza o quando la produzione bio<strong>lo</strong>gica è provata dalla<br />

certificazione rilasciata da un Organismo o da un’Autorità di control<strong>lo</strong> riconosciuti<br />

(reg. CE 834/2007, art. 32), proprio <strong>per</strong>ché tale marchio può essere promosso<br />

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