Le strategie per lo sviluppo dell'agricoltura biologica. - Sistema d ...
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4.2.2 <strong>Le</strong> cultivar <strong>per</strong> i sistemi bio<strong>lo</strong>gici<br />
Altro aspetto tecnico tuttora relativamente poco indagato e tuttavia di<br />
estrema importanza è quel<strong>lo</strong> della scelta varietale. Da tempo gli agricoltori<br />
bio<strong>lo</strong>gici chiedono ai ricercatori indicazioni su quali varietà siano più adatte alla<br />
coltivazione bio<strong>lo</strong>gica. Alcuni <strong>lo</strong>devoli iniziative <strong>per</strong> cercare di rispondere a questa<br />
domanda sono in piedi da alcuni anni. Ad esempio, il CRA-Istituto S<strong>per</strong>imentale di<br />
Cerealicoltura di S. Ange<strong>lo</strong> Lodigiano sta coordinando una rete di ricerche in<br />
diverse <strong>lo</strong>calità italiane su frumento tenero e duro. In linea generale si può dire che,<br />
contrariamente a ciò che alcuni pensano, le moderne varietà di frumento sembrano<br />
adattarsi molto bene anche alla coltivazione in bio<strong>lo</strong>gico, fornendo in media rese e<br />
qualità delle produzioni su<strong>per</strong>iori a quelle di vecchie varietà a taglia alta (Perenzin<br />
et al., 2006). Tuttavia queste ultime, così come cereali minori poco esigenti ma<br />
apprezzati dal consumatore (es. il farro) possono trovare degna col<strong>lo</strong>cazione nei<br />
sistemi colturali di ambienti marginali. Tra le caratteristiche agronomiche che le<br />
varietà devono possedere <strong>per</strong> poter essere adatte alla coltivazione bio<strong>lo</strong>gica sono<br />
particolarmente importanti quelle legate alla tolleranza e/o resistenza ad insetti,<br />
nematodi e malattie. È stato anche proposto di seminare miscugli di genotipi<br />
fenotipicamente uniformi ma geneticamente eterogenei così da allargare la base di<br />
resistenza e di adattabilità (van Bueren, 2002). Un altro approccio, che<br />
recentemente si sta sviluppando, è quel<strong>lo</strong> di impiegare popolazioni (e quindi<br />
germoplasma ad elevata diversità genetica) in luogo di varietà, oppure miscugli<br />
varietali in base al presupposto che la diversità genetica dovrebbe aumentare le<br />
<strong>per</strong>formance in sistemi bio<strong>lo</strong>gici, caratterizzati da una maggiore variabilità<br />
“ambientale” rispetto a quelli convenzionali (Wolfe et al., 2008). Questo materiale<br />
genetico è spesso selezionato con metodi partecipativi, che quindi prevedono il<br />
coinvolgimento attivo degli agricoltori sin dalle fasi iniziali (Dawson et al., 2008).<br />
Caratteri al momento meno studiati sono quelli legati a parametri morfo-fisio<strong>lo</strong>gici<br />
legati all'abilità competitiva nei confronti delle infestanti (es. rapida crescita<br />
iniziale, foglie larghe e più orizzontali, ecc.), che sembra possibile individuare in<br />
genotipi di frumento tenero (Bigongiali, 2009).<br />
Un altro aspetto, strettamente legato al precedente, è quel<strong>lo</strong> della difficoltà di<br />
re<strong>per</strong>ire sementi bio<strong>lo</strong>giche. Da anni la maggior parte degli agricoltori bio<strong>lo</strong>gici è<br />
costretta ad utilizzare sementi convenzionali in deroga al regolamento CE 834/07<br />
oppure a produrre in proprio il materiale <strong>per</strong> la propagazione delle colture (con seri<br />
rischi di utilizzare sementi di bassa qualità) <strong>per</strong>ché non è possibile re<strong>per</strong>ire sul<br />
mercato semente bio<strong>lo</strong>gica certificata. Nonostante alcune iniziative realizzate a<br />
livel<strong>lo</strong> europeo, è difficile pensare che da parte dell'industria sementiera ci possa<br />
mai essere un significativo interesse al<strong>lo</strong> <strong>sviluppo</strong> di questo segmento di mercato,<br />
specialmente nel caso di colture minori come le orticole (Miche<strong>lo</strong>ni e Roviglioni,<br />
2006). Del resto, la promozione di sistemi di agricoltura bio<strong>lo</strong>gica basati sulla<br />
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