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Le strategie per lo sviluppo dell'agricoltura biologica. - Sistema d ...

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disciplinari non pongono vincoli sull’origine della materia prima (che può essere<br />

anche extra-comunitaria) ma sono <strong>per</strong>cepiti, grazie alla certificazione, come<br />

prodotti della tradizione alimentare italiana. Se fossero realizzate delle versioni<br />

bio<strong>lo</strong>giche di questi prodotti IGP, con materie prime bio<strong>lo</strong>giche di origine extracomunitaria,<br />

a causa dell’indicazione obbligatoria «non UE» in etichetta, questi<br />

prodotti verrebbero <strong>per</strong>cepiti come frutto del mercato g<strong>lo</strong>bale, con indebita<br />

penalizzazione della produzione bio<strong>lo</strong>gica nazionale a vantaggio della produzione<br />

convenzionale, che pur presenta ingredienti d’origine extra-comunitaria.<br />

Occorre tuttavia evidenziare che la direttiva 2000/13/CE sull’etichettatura e<br />

la pubblicità dei prodotti alimentari impone l’obbligo di indicare in etichetta il<br />

luogo di origine dei prodotti se tale omissione può indurre in errore il consumatore:<br />

l’etichettatura, infatti, non deve essere ingannevole <strong>per</strong> quanto riguarda le<br />

caratteristiche del prodotto alimentare.<br />

Proprio <strong>per</strong> garantire al consumatore maggiore trasparenza e tracciabilità dei<br />

prodotti attraverso l’etichettatura, il Parlamento europeo, nella proposta di<br />

risoluzione sulla politica di qualità dei prodotti agricoli del 3 marzo 2010, ritiene<br />

opportuno indicare in essa il paese d’origine <strong>per</strong> i prodotti agricoli freschi e, nel<br />

caso di prodotti trasformati “monoingrediente”, il luogo di provenienza della<br />

materia prima agricola utilizzata nel prodotto finito. Accogliendo tale proposta,<br />

nella bozza di regolamento della Commissione in materia di etichettatura degli<br />

alimenti è stata inserita l’indicazione obbligatoria <strong>per</strong>: la provenienza territoriale<br />

<strong>per</strong> gli alimenti non trasformati, i prodotti monoingredienti e gli ingredienti primari<br />

di alimenti a base di carne o prodotti lattiero-caseari; l’origine di un prodotto sul<br />

suo imballaggio, in particolare <strong>per</strong> i prodotti non trasformati; l’indicazione del<br />

nome del produttore nei marchi commerciali (private label) delle insegne della<br />

Grande distribuzione organizzata (GDO).<br />

9.3.2 I marchi industriali e commerciali<br />

Negli ultimi anni, alla crescita comunitaria e nazionale dell’offerta di<br />

prodotti bio<strong>lo</strong>gici, corrisponde l’interesse delle aziende <strong>per</strong> l’adozione di marchi di<br />

qualità e <strong>per</strong> la certificazione dei prodotti e dei processi produttivi che sottostanno<br />

alla codifica di requisiti relativi a comportamenti virtuosi delle aziende come, ad<br />

esempio, la qualità del lavoro, i prodotti a km 0, la coltivazione e l’allevamento di<br />

specie autoctone e a rischio di estinzione, i prodotti bio<strong>lo</strong>gici e le confezioni<br />

totalmente biodegradabili. Marchi, certificazioni e adeguate politiche di marchio,<br />

infatti, possono tradursi in efficaci fattori competitivi rappresentando, in primo<br />

luogo, uno strumento di identificazione, differenziazione e posizionamento del<br />

prodotto e dell’impresa e, in secondo luogo, uno strumento <strong>per</strong> migliorare i<br />

processi organizzativi, ridurre i rischi nei processi produttivi e recu<strong>per</strong>are<br />

efficienza (Giuca, 2006).<br />

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